domenica 27 dicembre 2009

Across the universe

anno: 2007   
regia: TAYMOR, JULIE    
genere: musicale
con Evan Rachel Wood, Jim Sturgess, Joe Anderson, Dana Fuchs, Martin Luther McCoy, T.V. Carpio, Spencer Liff, Lisa Hogg, Nicholas Lumley, Michael Ryan, Angela Mounsey, Robert Clohessy, Ellen Hornberger, Amanda Cole, Linda Emond, Timothy T. Mitchum, Elain Graham, Joe Cocker, Bono, Eddie Izzard    
location: Regno Unito, Usa
voto: 5    

Lasciata Liverpool per andare a cercare il padre in America, Jude (Sturgess) incontra Lucy (Wood) e se ne innamora. Sono gli anni '60, quelli della controcultura, delle battaglie per i diritti civili e della guerra in Vietnam e i due ragazzi incontreranno più di un problema per evitare di venire divisi.
Dopo Titus e Frida, Julie Taymor - già vincitrice di due Oscar - osa ancora di più con un film visionario costruito interamente con i personaggi e 33 canzoni dei Beatles. Le coreografie di Daniel Ezralow sono strepitose, i movimenti di macchina - tra carrellate, dolly e pianisequenza - da manuale e le reinterpretazioni, pur con qualche azzardo di troppo, si lasciano apprezzare. Ma alla potenza visiva non si affianca un'analoga cura di altri aspetti e la regista bostoniana sembra dimenticare che nel cinema contano anche la trama e la recitazione. Alla fine il tutto risulta come un patchwork un po' pretestuoso, un gigantesco videoclip un po' kitsch con tanto di circo e marionette, psichedelico, realizzato con assoluta maestria ma freddo, un atto d'amore verso i Far Four rimpolpato dalla presenza di star come Bono e Joe Cocker.    

Across the universe

anno: 2007   
regia: TAYMOR, JULIE    
genere: drammatico    
con Evan Rachel Wood, Jim Sturgess, Joe Anderson, Dana Fuchs, Martin Luther McCoy, T.V. Carpio, Spencer Liff, Lisa Hogg, Nicholas Lumley, Michael Ryan, Angela Mounsey, Robert Clohessy, Ellen Hornberger, Amanda Cole, Linda Emond, Timothy T. Mitchum, Elain Graham, Joe Cocker, Bono, Eddie Izzard    
location: Regno Unito, Usa
voto: 5    

Lasciata Liverpool per andare a cercare il padre in America, Jude (Sturgess) incontra Lucy (Wood) e se ne innamora. Sono gli anni '60, quelli della controcultura, delle battaglie per i diritti civili e della guerra in Vietnam e i due ragazzi incontreranno più di un problema per evitare di venire divisi.
Dopo Titus e Frida, Julie Taymor - già vincitrice di due Oscar - osa ancora di più con un film visionario costruito interamente con i personaggi e 33 canzoni dei Beatles. Le coreografie di Daniel Ezralow sono strepitose, i movimenti di macchina - tra carrellate, dolly e pianisequenza - da manuale e le reinterpretazioni, pur con qualche azzardo di troppo, si lasciano apprezzare. Ma alla potenza visiva non si affianca un'analoga cura di altri aspetti e la regista bostoniana sembra dimenticare che nel cinema contano anche la trama e la recitazione. Alla fine il tutto risulta come un patchwork un po' pretestuoso, un gigantesco videoclip un po' kitsch con tanto di circo e marionette, psichedelico, realizzato con assoluta maestria ma freddo, un atto d'amore verso i Far Four rimpolpato dalla presenza di star come Bono e Joe Cocker.    

sabato 26 dicembre 2009

Brothers

anno: 2009       
regia: SHERIDAN, JIM 
genere: drammatico 
con Tobey Maguire, Natalie Portman, Jake Gyllenhaal, Bailee Madison, Taylor Geare, Patrick Flueger, Sam Shepard, Mare Winningham, Clifton Collins Jr., Josh Berry, Carey Mulligan, Jenny Wade, Jason R. Lone Hill, Luce Rains, Omid Abtahi, Arron Shiver, Navid Negahban, James D. Dever, Dylan Kenin, Ray Prewitt, Bob Jesser, Rebecca Grant 
location: Usa
voto:6

Lasciati gli Stati Uniti per una missione di guerra in Afghanistan, il maggiore Sam Cahill (Maguire) viene catturato dai talebani, imprigionato e costretto a uccidere un suo connazionale a sprangate. Dato per morto in patria (l'elicottero sul quale viaggiava è precipitato), al suo ritorno a casa Sam non è più lo stesso: il senso di colpa lo divora, è accecato dalla gelosia per la moglie (Portman),  e cova rabbia verso lo scapestrato fratello (Gyllenhall), che se ne è preso cura e al quale le bambine di Sam si sono molto affezionate.
Remake di un film della danese Susanne Bier, Brode, uscito in Italia con l'infelice titolo Non desiderare la donna d'altri, Brothers si attiene pedissequamente all'originale, a conferma del fatto che Jim Sheridan da anni è a corto di idee. Nonostante ciò, va dato merito al regista di avere diretto in maniera impeccabile gli attori (le due bambine sono impressionanti per bravura ma anche per quanto sono brutte) e di non aver ceduto alla melensaggine, come da canoniche attese del pubblico americano. Alla stregua dell'originale, il film è centrato su un complesso confronto tra un uomo ritenuto esemplare che si trasforma ripetutamente in una belva e un semi-alcolizzato capace di un'umanità e di una correttezza esemplari, con un monito lampante sull'assurdità della guerra.    

venerdì 25 dicembre 2009

Giù al nord (Bienvenue chez les ch'tis)

anno: 2008   
regia: BOON, DANY
genere: comico
con Kad Merad, Dany Boon, Zoé Félix, Lorenzo Ausilia-Foret, Anne Marivin, Philippe Duquesne, Guy Lecluyse, Line Renaud, Alexandre Carrière, Patrick Bosso, Zinedine Soualem, Michel Galabru, Stéphane Freiss, Jérôme Commandeur, Fred Personne, Christophe Rossignon, Jenny Cleve
location: Francia   
voto: 3

Per risolvere la propria crisi coniugale un funzionario delle poste (Boon) tenta con la frode di farsi trasferire in Costa Azzurra. Scoperto, per punizione viene mandato nel Nord della Francia, dalle parti di Calais. Qui trova freddo e persone sempliciotte di cui scopre la parte migliore, fino a vivere la punizione come un premio.
Giocato quasi per intero sulla storpiatura del francese da parte degli autoctoni del Nord (nella versione italiana i traduttori si sono sforzati di creare una "non lingua" inventata ex novo), il film sembra portare all'estremo certi vezzi linguistici di Totò. Il doppiaggio in italiano non giova ai giochi di parole e da noi il divertimento non avrebbe mai potuto essere pari a quello provato dai francesi, che hanno decretato per il film il record di incassi di tutti i tempi. Ma è la struttura dell'opera a essere debolissima: passati i primi venti minuti, il film si appiattisce su una serie di gag giocate per lo più sugli equivoci linguistici, con risultati che fanno sembrare i cinepanettoni opere d'essai.

sabato 12 dicembre 2009

Tutta colpa di Giuda

anno: 2008   
regia: FERRARIO, DAVIDE
genere: musicale
con Kasia Smutniak, Fabio Troiano, Gianluca Gobbi, Cristiano Godano, detenuti e personale del carcere di Torino, Seziione VI, blocco A, Francesco Signa, Paolo Ciarchi, Luciana Littizzetto
location: Italia
voto: 4

Una giovane regista (Smutniak) vuole fare uno spettacolo con i detenuti del carcere di Torino. Il cappellano del penitenziario preme su un tema religioso e i problemi nascono quando si tratta di assegnare la parte di Giuda.
Davide Ferrario prosegue sulla strada di una ricerca di linguaggi cinematografici estremamente personali, già ben visibili in fase di ripresa e montaggio dai tempi di Tutti giù per terra. Qui lo sperimentalismo sfiora l'autocompiacimento, sicché se certe coreografie e alcune canzoni risultano convincenti, la struttura narrativa di questa specie di musical-documentaristico in odore di Jesus Christ Superstar è loffia, e trova in Kasia Smutniak una protagonista senza carisma del tutto inadeguata.    

venerdì 11 dicembre 2009

Dieci inverni

anno: 2009       
regia: MIELI, VALERIO 
genere: sentimentale 
con Isabella Ragonese, Michele Riondino, Liuba Zaizeva, Glen Blackall, Sergei Zhigunov, Sergei Nikonenko, Alice Torriani, Vinicio Capossela, Glen Blackhall, Sara Lazzaro, Francesco Brandi, Luca Avagliano, Francesca Cuttica, Roberto Nobile, Luis Molteni 
location: Italia       
voto: 6

Camilla (Ragonese) e Silvestro (Riondino) sono due giovani studenti che si conoscono nel 1999 su un vaporetto che solca la laguna veneziana. Continueranno a frequentarsi a singhiozzo fino al 2009, senza che la loro storia affettiva si trasformi mai in un'autentica storia d'amore.
Alla sua volonterosa opera prima Valerio Mieli - che come Fausto Brizzi ha tradotto su pellicola un suo romanzo - punta alto, mirando a quel modello di cinema dei sentimenti che sta a metà strada tra Un amore, l'indimenticabile capolavoro di Tavarelli, e Un cuore in inverno di Sautet. Il regista calca molto la metafora dell'apatia sentimentale della protagonista, ibernando l'intero film in una sorta di lunga, unica situazione modulata soltanto dalle minime variazioni del tempo. L'impronta autoriale di Mieli si scorge però soprattutto nelle riprese di una Venezia inconsueta e per niente turistica, fotografata benissimo da Marco Onorato, e nel tentativo di costruire il racconto secondo un'architettura ben visibile. Ma le approssimazioni - a cominciare dal titolo: gli inverni del film sono 11 - si fanno sentire soprattutto nei dialoghi, che a tratti sembrano girare a vuoto, e nel cammeo di Vinicio Capossela, del tutto ingiustificato nella parte in cui suona e canta nemmeno si trovasse sul set di in un film di Fizzarotti.   

giovedì 10 dicembre 2009

A serious man

anno: 2009       
regia: COEN, JOEL * COHEN, ETHAN  
genere: grottesco  
con Michael Stuhlbarg, Fred Melamed, Richard Kind, Aaron Wolff, Jessica McManus, George Wyner, Adam Arkin, Fyvush Finkel, Katherine Borowitz, Amy Landecker, Sari Lennick, Peter Breitmayer, Raye Birk, Alan Mandell, Andrew S. Lentz, Simon Helberg, Yelena Shmulenson, Ari Hoptman, Benjy Portnoe, Allen Lewis Rickman  
location: Usa
voto: *

1967. Il professor Gopnik (Stuhlbarg) è un uomo probo. Insegna fisica all'università di Minneapolis e la sua vita è improntata alla più assoluta rettitudine. Uno studente cerca di corromperlo, la moglie di lasciarlo e il figlio, che non fa altro che ascoltare i Jefferson Airplane dalla mattina alla sera, va malissimo a scuola, mentre la figlia passa il tempo lavandosi i capelli e sottraendogli denaro dal portafogli. Forte di una pazienza di Giobbe, Gopnik non sa che pesci pigliare e si rivolge ai rabbini della comunità ebraica alla quale appartiene, che non gli forniscono altro che risposte anodine.
Che i fratelli Coen siano i maestri indiscussi del grottesco non vi erano dubbi. Che potessero confezionare un film così radicalmente yiddish (a partire dallo stupidissimo e lungo prologo in costume) era più difficile da immaginare. Già perché A serious man porta al parossismo lo humour nero di Burn after reading e L'uomo che non c'era e il cinismo di Non è un paese per vecchi e Ladykillers, senza avere la potenza sarcastica dei primi due e la verve narrativa del secondi. Scritto probabilmente a stretto uso e consumo della comunità ebraica, peraltro oggetto di turlupinatura, il film è difficilmente decifrabile per chi non ha sufficienti rudimenti di Torah e Cabala, e - nel suo essere tanto manierato - tocca il punto più basso della carriera dei due geniali fratelli americani. Certo, rimane un inconfondibile senso dell'inquadratura e una marcata cifra da cinema indipendente, ma il film è brutto quanto lo sono i protagonisti, attori poco noti con fisiognomiche che avrebbero vellicato le fantasie di Lombroso.    

lunedì 7 dicembre 2009

L'uomo nero

anno: 2009       
regia: RUBINI, SERGIO 
genere: commedia 
con Sergio Rubini, Valeria Golino, Riccardo Scamarcio, Fabrizio Gifuni, Guido Giaquinto, Anna Falchi, Margherita Buy, Vito Signorile, Maurizio Micheli, Vittorio Ciorcalo, Mario Maranzana, Mariolina De Fano, Adelaide Di Bitonto, Pierluigi Corallo, Nicoletta Carbonara, Isabella Ragno, Rita Del Piano  
location: Italia
voto: 2

Ernesto Rossetti (Rubini) fa il capostazione in un paesino della Puglia, negli anni '60. Da anni coltiva velleità artistiche ispirandosi a Cezanne e la sua grande occasione sembra arrivare quando gli viene offerta la possibilità di una personale nella pro-loco. Un critico del posto assesterà un colpo letale alle sue ambizioni.
Giunto al decimo film da regista, Rubini sembra voler ancora una volta regolare i conti con la critica, come nel precedente Colpo d'occhio, attraverso l'analogia con il mondo delle arti visive. Stavolta non trova di meglio che ripescare un personaggio assai simile a quello degli esordi (La stazione), combinandolo con l'ambientazione nella provincia pugliese che gli è particolarmente congeniale (La terra, Tutto l'amore che c'è). Il risultato è però tremendamente pasticciato e l'idea di mostrare il racconto attraverso gli occhi del piccolo figlio del protagonista trova nel ragazzino un interprete poco consono e mal diretto. Abborracciato anche sotto altri aspetti (il suono in presa diretta è talmente mediocre da riportarci tecnicamente indietro di decenni, la recitazione della Golino è di livello amatoriale, le scantonate oniriche sono gratuite e la durata è esagerata), il film ha dalla sua un notevole lavoro sul trucco e un finale che, per quanto telefonato, si lascia apprezzare.    

martedì 1 dicembre 2009

Welcome

anno: 2009   
regia: LIORET, PHILIPPE
genere: drammatico
con Vincent Lindon, Firat Ayverdi, Audrey Dana, Derya Ayverdi, Thierry Godard, Selim Akgül, Firat Celik, Murat Subasi, Olivier Rabourdin, Yannick Renier, Mouafaq Rushdie, Behi Djanati Ataï, Patrick Ligardes, Jean-Pol Brissart, Blandine Pélissier
location: Francia
voto: 9


Bilal (Ayverdi) è un 17enne iracheno di etnia curda. Ha già fatto 4000 chilometri per raggiungere la sua ragazza in Inghilterra ma non riesce a superare Calais, uno dei punti della costa francese più vicini alla Gran Bretagna. Allora decide di attraversare la Manica a nuoto, e per allenarsi si rivolge a Simon (Lindon), maestro di nuoto, che a differenza di Bilal non è stato neppure capace di attraversare la strada per fermare la moglie che gli ha chiesto il divorzio (Dana) e che fa la volontaria a difesa dei clandestini. Tra allenamenti in piscina, incomprensioni e convivenza, tra Bilal e Simon nasce un rapporto filiale. Ma Bilal non intende rinunciare ai suoi propositi.
Terzo film di Philippe Lioret, che fotografa senza alcuna concessione alla retorica un dramma iperrealista sui sans papiers stretti nella morsa delle ferree leggi fortemente volute da Sarkozy per combattere la clandestinità. Il tema si inserisce in un filone che - segno dei tempi - si sta progressivamente ingrossando (Traffic, Riparo, Machan, L'ospite inatteso, Frozen river, solo per citare i più noti): Lioret lo incapsula nella filigrana di due storie d'amore agli antipodi, facendone un'opera senza fronzoli, essenziale, necessaria, per raccontare la faccia truce di quest'epoca xenofoba, in cui il razzismo si camuffa nell'ipocrisia dello zerbino di casa, dove campeggia la scritta "welcome". Benvenuti.