domenica 24 febbraio 2013

Neil Young - Journeys

anno: 2012   
regia: DEMME, JONATHAN
genere: musicale
con Neil Young
location: Canada, Usa
voto: 6

Jonathan Demme, il regista di film come Qualcosa di travolgente e Il silenzio degli innocenti, ha una vera ossessione per la musica di Neil Young. Dai tempi di Philadelphia, quando il rocker canadese compose per la colonna sonora del film l'omonima canzone, a oggi, sono già cinque le tappe in cui i due si sono incontrati (le altre sono The complex sessions, Heart of gold e Trunk show). Girato all'indomani dell'uscita di La noise, il disco in solitaria prodotto da Daniel Laniois, Journeys mette in scena una performance catturata alla Massey Hall di Toronto, inframmezzando brani vecchi (tra cui Ohio, Down by the river, After the gold rush, My my hey hey) e nuovi (come le straordinarie Peaceful valley, Love and war e Hitchhiker) del repertorio younghiano con le chiacchiere fatte all'interno dell'abitacolo della Crown Victoria del 1956 che sta portando l'autore di Harvest nei posti della sua infanzia (Omemee e dintorni). In quei frammenti sembra di assistere a una chiacchierata tra vecchi amici della quale, francamente, ce ne frega pochissimo. Sapere che da ragazzino Neil Young vendeva il pesce, che un amichetto lo spingeva a mangiare il catrame assicurandolo che sapeva di cioccolato o che a suo padre, noto scrittore, è stata intestata una scuola, non cambierà la vita di nessuno. Come si sarà capito, si tratta di un film per devoti, girato con indubbio mestiere (il fisheye attaccato al microfono non si era ancora visto e quando il rocker lo centra in pieno con uno schizzo di saliva, l'effetto è esilarante…), con il songwriter che si alterna all'acustica, all'elettrica, al piano e all'organo. E che quando fa partire le sue note in vibrato ci ricorda di quali miracoli possa essere ancora capace a quasi 70 anni.
Imperdibili, e per una volta vero valore aggiunto, gli extra allegati al dvd: tre chiacchierate, in altrettante diverse occasioni, in cui Demme manifesta un istrionismo e una vis comica incontenibile e Young un umorismo beffardo e disincantato che lascia davvero il segno. Mai, davvero mai, banali entrambi.    

sabato 23 febbraio 2013

Re della terra selvaggia (Beasts of the Southern Wild)

anno: 2012       
regia: ZEITLIN, BENH
genere: fantastico
con Quvenzhané Wallis, Dwight Henry, Levy Easterly, Lowell Landes, Pamela Harper, Gina Montana, Amber Henry, Jonshel Alexander, Nicholas Clark, Joseph Brown, Henry D. Coleman, Kaliana Brower, Philip Lawrence, Hannah Holby, Jimmy Lee Moore, Jovan Hathaway, Kendra Harris, Windle Bourg
location: Usa
voto: 2

Non riuscirò mai a capire le ragioni che spingono una parte della critica a certe forme di snobismo da talebani. Negli anni dieci si sono aggiudicati premi importantissimi film come Lo Zio Boonmee che si ricorda delle sue vite precedenti, The tree of life e Faust. Adesso arriva questo Re della terra selvaggia (molto più fedele il titolo originale, Beasts of the Southern Wild) a chiudere il poker di film senza capo né coda, estetizzanti, nei quali la trama conta meno di zero. Il mensile Ciak lo indica come il "colpo di fulmine" del mese; il settimanale FilmTv scrive che "sazia gli occhi e fa detonare la mente". C'è da scommettere che il solito intelligentone di turno non potrà fare a meno di scomodare Joyce per dire che la trama è una cosa sorpassata e che quelli come me ovviamente non capiscono nulla e non sanno apprezzare l'arte. Vabbè.
La terra selvaggia del titolo è una zona paludosa della Luisiana, nel Sud degli States, ma potremmo essere nell'Africa subsahariana come in Oceania. La piccola Hushpuppy (Wallis) non fa che combinare guai (brucia la casa, stende il padre con un pugno, provoca un'esplosione) e sentenziare come nemmeno Pio XII ai tempi d'oro. Il tenore dei suoi apoftegmi, tanto per capirci, è del tipo "quando si è piccoli bisogna imparare a riparare tante cose" oppure "gli animali forti non avranno pietà". Ora, a parte che non sarebbe un danno per nessuno se le sceneggiature le scrivessero persone che hanno conseguito almeno la licenza elementare, non si capisce proprio dove voglia andare a parare il film. Cos'è? Un apologo ecologista che, attraverso lo sguardo della piccola quanto irritante protagonista (il doppiaggio italiano, poi peggiora ulteriormente le cose, affidandole un'insopportabile voce frignante), manda messaggi sullo scioglimento dei ghiacciai e sul famoso battito d'ali di una farfalla a occidente, capace di provocare un cataclisma dall'altra parte del globo? Un film fantasy con tanto di creature preistoriche simili a giganteschi maiali zannuti sul tema della perdita della propria madre? Il punto di vista di una piccola disadattata affidata a un padre alcolista, prima e dopo l'arrivo dell'uragano Katrina? Una docufiction di taglio antropologico per mostrarci la vita semplice e felice di quel mondo a parte chiamato "la grande vasca"? O forse niente di tutto questo. Un giorno, forse, cos'è questo film me lo spiegheranno quegli intelligentoni che su un'opera così destrutturata e fiabesca ci si tuffano con l'orgoglio indomabile di chi si dà di gomito col vicino di poltrona sentendosi parte di quel popolo eletto che sul comodino tiene sempre David Foster Wallace, Ionesco ed Eliot.    

venerdì 22 febbraio 2013

The Fighter

anno: 2010       
regia: RUSSELL, DAVID O.
genere: drammatico
con Mark Wahlberg, Christian Bale, Amy Adams, Melissa Leo, Jack McGee, Mickey O'Keefe, Melissa McMeekin, Bianca Hunter, Erica McDermott, Jill Quigg, Dendrie Taylor, Kate B. O'Brien, Jenna Lamia, Frank Renzulli, Paul Campbell, Caitlin Dwyer, Chanty Sok, Ted Arcidi, Ross Bickell, Sean Malone, José Antonio Rivera, Richard Farrell, Matthew Muzio, Steven Barkhimer, Art Ramalho, Sugar Ray Leonard, Jackson Nicoll, Alison Folland, Sean Patrick Doherty, Sue Costello, Thomas Benton, Ray Greenhalge, Tino Kimly, Epifanio Melendez, Jeremiah Kissel, Sean Eklund, Roeun Chea, Brian A. Nguyen, Rikki Kleiman, Michael Dell'Orto, Paul Locke, Kim Carrell, Colin Hamell, Dale Place, Eddie Lee Anderson, Bonnie Aarons, Joe Lupino, Walter Driscoll, Matt Russell, A. Joseph Denucci, Dicky Eklund, George Michael Ward, Richard Eklund Jr., Jack Greenhalge, Kevin Paige, David A. Ramalho Sr., Ziad Akl, Simon Hamlin, Gerald Greenhalge, Matthew Russell, Tommy Eklund, Rita Mercier, Deborah Bolanger, Kerry Moore, Philip D. Herbert, Raul Vera, Jack Lally, Carlos L. Smith, Jerrell Lee, Hugh Long, Catherine Lynn Stone, Eric Weinstein, Bo Cleary, Anthony Molinari, Peter Cunningham, Miguel Espino, Anthony 'Ace' Thomas, Brian Christensen, Jen Weissenberg, Michael Buffer, Larry Merchant, Jim Lampley, Emanuel Steward, Roy Jones Jr., George Foreman, Don Dunphy
location: Usa
voto: 5,5

La vera storia di due fratelli del Massachusetts di origini irlandesi: Dickie (Bale) ha un passato glorioso sul ring, quando batté persino il grande Sugar Ray Leonard. Poi la dipendenza dal crack lo ha trasformato in un ectoplasma che si è messo al servizio del fratello minore, Mickey Ward (Wahlberg), il quale, pur restando con i piedi ben incollati a terra, aspira al massimo titolo nei pesi welter. Il cambio di allenatore, fortissimamente voluto dalla ragazza di Mickey (Adams), sembra portare ai primi risultati significativi, ma al dunque lo stesso Mickey sentirà la necessità di avere Il fratello Dickie accanto.
Miliardesima variante sul mondo della boxe, The fighter ha un impianto classicissimo, nel quale risalta il gineceo composto da madre (Melissea Leo, premiata con l'Oscar), sorelle e fidanzata che attorniano il boxeur. Di rimarchevole c'è anche Christian Bale che si è sottoposto ancora una volta, dopo L'uomo senza sonno, a una prova impressionante sul suo corpo (è magrissimo ma anche incredibilmente tonico) che gli è valsa il premio Oscar come miglior attore non protagonista. Il resto sono palestre di periferia, tossici, voglia di riscatto e drammi familiari: tutto destinato al dimenticatoio in tempi brevissimi.
Nota a margine: mai stata tanto trascurabile una colonna sonora di quel genio di Michael Brook come in questa occasione.    

mercoledì 20 febbraio 2013

Girlfriend in a coma

anno: 2012   
regia: PIRAS, ANNALISA
genere: documentario
con Bill Emmott, Nanni Moretti, Roberto Saviano, Toni Servillo, Sergio Marchionne, Mario Monti, Emma Bonino, Elsa Fornero, Matteo Renzi, Umberto Eco, Lorella Zanardo, Vittorio Colao, John Elkann, Carlo Petrini (II)
location: Italia, Regno Unito
voto: 6


Pensato dall'ex direttore di The economist, Bill Emmott, per il pubblico britannico (ed è per questo che quasi tutti gli intervistati italiani, con accenti più o meno credibili, parlano in inglese e sono sottotitolati), il film diretto da Annalisa Piras arriva in edizione digitale grazie all'iniziativa de L'Espresso, che lo ha messo in vendita in download a 3,99 euro dopo che Giovanna Melandri, non contenta di tutti i danni fatti quando era ministro dei Beni culturali (sic), ne ha vietato la programmazione prevista al Maxxi di Roma, del quale è stata inopinatamente nominata direttrice.
Il perché di tante remore da parte dell'ex ministro rimane un mistero anche a visione conclusa: lo scempio del Paese, raccontato con lo sguardo di chi dell'Italia (la girlfriend del titolo) si dichiara innamorato (lo stesso Emmott, appunto), è visibile a chiunque abbia un minimo di consuetudine con l'informazione e le vicende della cosa pubblica.
Nessuno scoop, dunque, nessuno scandalo: soltanto lo sguardo posato dal di fuori (alla maniera dell'oriundo Erik Gandini in Videocracy) per raccontarci la mala Italia e la buona Italia. La prima, lo sappiamo tutti, è quella del nostro parlamento che prima vota compatto (o quasi) sul caso Ruby e poi appoggia Monti e la riforma Fornero, è quella delle mafie che proliferano anche oltre confine, quella del 164esimo posto nelle classifiche internazionali quanto a rapporto tra debito pubblico e PIL (siamo sotto le Barbados e appena sopra l'Iraq…), della tv spazzatura, dell'uso totalmente maschilista dell'immagine della donna, del lavoro "concesso" in cambio della morte (agghiaccianti i depositi di polvere metallica nelle case ubicate nei dintorni dell'Ilva, a Taranto), del berlusconismo che ha affossato il Paese.
Più impervia e posticcia è l'operazione che va alla ricerca della buona Italia: la si ritrova nell'iniziativa di Don Giacomo a Lamezia Terme, un prete che ha dato una casa a tanti disabili rifiutati dalle famiglie, nella Ferrero, esempio di capitalismo virtuoso, e - udite! udite! - in Eataly e Slow Food, le creature del sedicente egalitarista Carlo Petrini, due lobbies spacciate per democratiche ed ecologiste, in realtà un ricettacolo per sottolineare la stratificazione sociale sulla base dell'accessibilità al cibo di qualità.
Niente di nuovo, dunque. Soltanto un buon rinfresco per la memoria, con qualche testimonianza di prezzemolo Saviano, prezzemolo Travaglio, Nanni Moretti, Umberto Eco, Toni Servillo che interpreta Toni Servillo e la voce di Dante affidata a Roberto Herlitzka ("Ahi serva Italia, di dolore ostello, / nave sanza nocchiere in gran tempesta, / non donna di province, / ma bordello!"). Film comunque da raccomandare alle giovani generazioni di disimpegnati per farsi un'idea, anche minima, di ciò che esiste intorno a loro, oltre al partner e alla combriccola del sabato sera.    

domenica 17 febbraio 2013

Die Hard - Un buon giorno per morire (A Good Day to Die Hard)

anno: 2013       
regia: MOORE, JOHN 
genere: poliesco
con Bruce Willis, Jai Courtney, Sebastian Koch, Mary Elizabeth Winstead, Yuliya Snigir, Radivoje Bukvic, Cole Hauser, Amaury Nolasco, Sergei Kolesnikov, Roman Luknár, Zolee Ganxsta, Péter Takátsy, Pasha D. Lychnikoff, Megalyn Echikunwoke, Melissa Tang, Rico Simonini, Catherine Kresge, April Grace, Cooper Thornton, Jan Gallovic, Péter Kertész, Patrik Vrbovsky, Ferenc Elek, Zhe Lin, Janos Finfera, Boris Vodokov, Aleksandr Komarov, Iván Fenyö, Edit Balázsovits, Nadejda Savcova, Anastassija Makarenko, Scott Michael Campbell, Aldis Hodge, Joe Massingill, Jesse Burch, Justin Smith, Martin Hindy, Attila Árpa, Sergej Onopko, Ivan Mark Orsányi, Iván Kamarás, Zsolt Viczei 
location: Russia, Usa
voto: 3

Cosa non si farebbe per un file. Jack McClane (Courtney) è un agente della CIA con il compito di riuscire a portare Komarov (Koch) incolume a un processo contro un magnate della finanza che si è arricchito creando il disastro di Chernobyl (probabile che gli sceneggiatori si fossero fumati qualche sigaretta all'uranio…). Ma babbo John (Willis) desidera tanto riabbracciare suo figlio, l'agente della CIA appunto, e si mette in mezzo all'operazione. Che si rivela tutta sbagliata, a partire dal file, proprio grazie al fiuto del veterano che riesce così a riconquistare la stima e l'affetto perduti del figlio.
La trama è in effetti un po' più fitta di così e ha anche la pretesa di qualche colpo di scena, talmente telefonato che ci si può sbizzarrire a scommettere cosa accadrà scena dopo scena. Vittoria assicurata. Il tutto, perciò, è funzionale all'azione e alle battutine dalle pretese comiche che neanche i comici scartati da Zelig riuscirebbero a scrivere. Per cui abbiamo, nell'ordine: un inseguimento con un pick up che per fare prima, nel bel mezzo del traffico di Mosca, passa direttamente sopra il tappeto di lamiera della altre automobili; tiro al bersaglio con mitragliatrici che non sforacchiano il nostro eroe neppure di striscio; automobile che sposta il baricentro di un elicottero appendendosi a un'estremità, in modo da spostare l'asse del fuoco. È puro cinema fracassone, tutto decibel ed esplosioni, che pretende di emozionare in proporzione al numero di pallottole sparate, ma che avrebbe già dovuto essere pensionato al quarto episodio (Vivere o morire), dato che qui mostra chiaramente il fondo del barile ormai lucido tanto lo si è grattato. Dimenticavo: la sala accanto era pieno e ho dovuto ripiegare su questo...    

sabato 16 febbraio 2013

Zero Dark Thirty

anno: 2012       
regia: BIGELOW, KATHRYN  
genere: guerra  
con Jessica Chastain, Mark Strong, Joel Edgerton, Nash Edgerton, Chris Pratt, Kyle Chandler, James Gandolfini, Jason Clarke, Harold Perrineau, Edgar Ramirez, Mark Duplass, Jennifer Ehle, Nina Arianda, Fares Fares, Scott Adkins, Taylor Kinney, Frank Grillo    
location: Afghanistan, Arabia, Kuwait, Pakistan, Polonia, Regno Unito, Usa
voto: 6

La guerra fredda (K-19), poi quella in Iraq (The Hurt Locker), infine la caccia all'uomo del secolo, quella a Osama Bin Laden. Il trittico bellico della più mascolina delle registe in circolazione, Katryn Bigelow (e il riferimento non è certo al suo aspetto…) mette in scena, a partire da documenti reali, il dietro le quinte di quell'inseguimento durato 10 anni. A seguire il racconto, parrebbe che il merito sia tutto di un'analista della CIA tanto determinata quanto cinica (Chastain): davanti alle torture orrende (dal water-boarding al collare per cani, anche se la cosa peggiore mi sembra la musica heavy metal sparata a pieni decibel) inflitte a un prigioniero in un carcere segreto, la donna ha appena un attimo di spaesamento, ma non desiste dall'andare pervicacemente per la sua strada, tanto il lavoro sporco, letteralmente sporco - sangue, piscio e feci - tocca agli altri. Si comincia così, con un martirio di mezz'ora, e si conclude con l'uccisione del nemico pubblico numero uno, altra mezz'ora. Tra l'inizio e la fine, oltre 90 minuti sempre con la stessa struttura: io ti torturo, tu mi dai il nome, ne acchiappo un altro, mi faccio dare un nome e alla fine arrivo a Bin Laden. Con qualche variante: gli appostamenti, le location (Afghanistan, Arabia, Kuwait, Pakistan, Polonia, Regno Unito, Stati Uniti), le riunioni al Pentagono e negli alti uffici della CIA. La Bigelow stavolta ha voluto strafare: la sua ansia di tradurre i documenti in immagini non ha lasciato spazio alla minima parsimonia e alla lunga il film stanca, tanto più che ne è protagonista un'attrice di dubbia espressività come Jessica Chastain (eppure in odore di Oscar…). Peccato, perché Zero dark thirty (questo il nome dato all'operazione militare con tanto di elicotteri speciali) fa capire benissimo allo spettatore perché siano circolate così poche foto di Bin Laden morto e quanto rischiosa abbia potuto essere l'operazione militare, tanto dal punto di vista strategico quanto da quello delle probabilità di riuscita. Ma si esce dalla sala col dubbio di aver assistito a un'apologia della potenza militare americana, che per affermarsi non si fa scrupolo ad usare i mezzi più biechi.    

martedì 12 febbraio 2013

Angèle et Tony

anno: 2010       
regia: DELAPORTE, ALIX  
genere: drammatico  
con Clotilde Hesme, Grégory Gadebois, Evelyne Didi, Jérôme Huguet, Antoine Couleau, Patrick Descamps, Lola Dueñas, Patrick Ligardes, Elsa Bouchain, Marc Bodnar, Corine Marienneau, Antoine Laurent, Farid Larbi, Tracy, Rama Grinberg, Barbara Chavy, Elsa Motin  
location: Francia
voto: 3

Lei (Hesme) è una bella ragazza disadattata in libertà vigilata e con attitudine alla prostituzione e al furto. I servizi sociali le hanno tolto il figlioletto, affidandolo ai nonni, dopo la morte del padre di cui lei è responsabile (un incidente d'auto). Lui, Tony (Gadebois), è un pescatore tutto "anema e core", senza pregiudizi, che vorrebbe trovare qualcuno con cui sposarsi anche se il suo aspetto non è dei più invitanti. Si conoscono grazie agli annunci per cuori solitari, hanno impellenze diverse. Si annusano, si sfidano, alla fine si amano.
Eccolo qua il prototipo del film francese che occhieggia al cinema d'autore: silenzi a gogo, scene completamente inutili, macchina da presa piantata a caso ora qui, ora lì, ellissi narrative. Il tutto a servizio di una storia già vista in tante altre salse, che però concilia benissimo il sonno e per fortuna dura poco.    

sabato 9 febbraio 2013

Colour Me Kubrick: A True...ish Story

anno: 2005   
regia: COOK, BRIAN W.
genere: drammatico
con John Malkovich, Tom Allen, Scott Baker, Nick Barber, Angus Barnett, Lynda Baron, Linda Bassett, Marisa Berenson, Honor Blackman, Peter Bowles, Paul Burnham, Paul Chowdhry, Teresa Churcher, Enzo Cilenti, Phil Cornwell, Kammy Darweish, Jim Davidson, Jamie Davis, Ayesha Dharker, Bryan Dick, Shaun Dingwall, James Dreyfus, Richard E. Grant, Maynard Eziashi, James Faulkner, Rebecca Front, Nitin Ganatra, Henry Goodman, Sam Gordon, Burn Gorman, Head-On, Nolan Hemmings, William Hootkins, Dean Lepley, John Leyton, Luke Mably, Lucy O'Connell, Marion O'Dwyer, Shaun Parkes, Leslie Phillips, Robert Powell, Sam Redford, Terence Rigby, Ken Russell, Jack Ryan, Peter Sallis, Bindu De Stoppani, Audrey Tom, Jeremy Turner-Welch, Mark Umbers, Joe Van Moyland, Marc Warren
location: Regno Unito
voto: 3

Durante le riprese di Eyes wide shut, Alan Conway (Malkovich) faceva la bella vita facendosi passare per il regista Stanley Kubrick e scroccando in continuazione a destra e a manca, e non soltanto denaro…
Ispirato a una storia realmente accaduta, il film gira in moto perpetuo, con l'eccezione del breve frammento finale col ricovero in una clinica psichiatrica, sempre intorno allo stesso modulo: abbordaggio, sbafo, fuga, sorpresa della vittima. Eravamo in epoca pre web 2.0 e quindi si capisce che molte persone non avessero la possibilità di accertarsi che l'impostore fosse realmente Stanley Kubrick, dal quale, peraltro, era totalmente dissimile.
A incarnare il protagonista c'è un John Malkovich che gioca la parte in maniera talmente laida da risultare repellente, la quintessenza della checca dandy che sembra ricordare i vezzi di Truman Capote. Il resto è film da terza serata in qualche rete locale, con attori di dubbio professionismo e messa in scena ben sotto i limiti di guardia.    

domenica 3 febbraio 2013

Il sorpasso

anno: 1962   
regia: RISI, DINO 
genere: commedia 
con Vittorio Gassman, Jean-Louis Trintignant, Catherine Spaak, Claudio Gora, Luciana Angiolillo, Linda Sini, Barbara Simon, Lilly Darelli, Mila Stanic, Nando Angelini, Luigi Zerbinati, Franca Polesello, Edda Ferronao 
location: Italia
voto: 10

In una Roma deserta (parte delle riprese sono state effettuate nel quartiere della Balduina), nel giorno di ferragosto, Bruno Cortona (Gassman), vitellone  quarantenne e spaccone abituato a vivere di espedienti, si imbatte in Roberto (Trintignant), un timido studente di legge che sta preparando un esame. Con lui, nonostante la riluttanza del ragazzo, inizierà un viaggio picaresco e casuale che lo porterà fino alla Toscana.
Il capolavoro di Dino Risi e uno dei film seminali dell'intera commedia all'italiana si chiama Il sorpasso e, a dispetto della semplicità della trama - a metà strada tra buddy e road movie - è un ritratto feroce e mascherato da toni scanzonati dell'euforia consumista degli anni del boom economico, iniziato appena 4 anni prima. Il copione, firmato da Ettore  Scola e Ruggero  Maccari), ne prende di mira i simboli: l'iperconsumo, la velocità, le auto sportive, la crapula a tutti i costi, le canzoni balneari. Gassman lo riempie con un'interpretazione indimenticabile (Kezich ha scritto che "Il sorpasso è la vera tesi di laurea di Vittorio Gassman come attore cinematografico"), nella quale sprigiona energia e talento a ogni fotogramma, in una ridda di invenzioni mimiche, linguistiche ("er villico", "fumate 'sto zampirone") e cinesiche che ne confermano tutte le doti da mattatore.

Amarsi può darsi

anno: 2001       
regia: TARAGLIO, ALBERTO
genere: commedia
con Claudia Gerini, Claudio Santamaria, Paola Cortellesi, Cristiano Callegaro, Claudio Contartese, Nanni Coppola, Larina D'Elia, Sara De Felici, Stefania De Luca, Umberto De Luca, Matteo di Mauro, Daniele Gaglianone, Maria Godanova, Emanuela Grimalda, Corinna Locastro, Pierfrancesco Loche, Roberto Magnanini, Manuela Mandracchia, Carlo Mucari, Silvia Murducea, Giuseppe Oppedisano, Andrea Papalotti, Bianca Pesce, Lucia Poli, Eugenio Principato, Serena Sacchi, Silvia Soncini, Giuliano Spadaro, Emanuele Vezzoli
location: Italia
voto: 4

Davide (Santamaria) e Giulia (Gerini) stanno per incontrarsi in un tribunale romano per definire gli accordi di divorzio. La giudice draconiana davanti alla quale si trovano (Poli) vuole sapere tutto: come si sono conosciuti, quali problemi hanno avuto, la vicenda dell'adozione, i tradimenti, l'altare abbandonato all'ultimo momento nel primo tentativo di matrimonio. O è solo un sogno?
Siamo in una versione prezzolata, da commedia rosa, che sta tra Casomai e Un amore di Tavarelli, con distanze siderali da entrambi i film. Gli interpreti ci mettono del loro meglio, qualche situazione è anche gustosa ma il film è di quelli destinati ad abbandonare la memoria in tempi brevissimi.    

sabato 2 febbraio 2013

Looper - In fuga dal passato

anno: 2012       
regia: JOHNSON, RIAN  
genere: fantascienza  
con Joseph Gordon-Levitt, Bruce Willis, Emily Blunt, Paul Dano, Noah Segan, Piper Perabo, Jeff Daniels, Pierce Gagnon, Qing Xu, Tracie Thoms, Frank Brennan, Garret Dillahunt, Nick Gomez, Marcus Hester, Jon Eyez, Kevin Stillwell, Thirl Haston, James Landry Hébert, Kenneth Brown Jr., Cody Wood, Adam Boyer, Jeff Chase, Ritchie Montgomery, David Jensen, Kamden Beauchamp, Josh Perry, David Joseph Martinez, Wayne Dehart, Ian Patrick, Rian Johnson, Robert Harvey  
location: Usa
voto: 5

Nel 2044 l'umanità ha raggiunto un ulteriore traguardo: quello di riuscire a compiere il viaggio nel tempo. All'uopo, le organizzazioni criminali, sovrastate da un fantomatico individuo chiamato lo sciamano, hanno assoldato dei looper, ossia dei killer che, tornando indietro di trent'anni, uccidono su commissione chi intralcia il crimine organizzato. Siccome però il viaggio nel tempo è considerato un reato gravissimo, queste operazioni vengono remunerate sostanziosamente in cambio di una vita che si sa essere a termine. Il problema, per Joe (Gordon-Leavitt), liftatissimo e aduso a droghe di ogni genere, è che a un certo punto gli si parerà davanti lui stesso (Willis) con 6 lustri di più sul groppone. Che farà? Ucciderà l'altro se stesso il quale, a sua volta, vuole uccidere il bambino che in seguito sarebbe diventato lo sciamano grazie a una potentissima facoltà di telecinesi e alla volontà di chiudere i loop dei looper?
La carta del paradosso temporale è un asso che non tutti riescono a giocare con la stessa abilità. Rian Johnson, qui anche sceneggiatore, ci riesce in alcune sequenze fulminanti (su tutte, quella di un looper che perde pezzi di corpo mentre il suo equivalente di trent'anni prima finisce ammazzato), ma poi finisce inghiottito dal suo stesso giochino, senza riuscire a venire fuori dal paradosso temporale con una qualche intuizione brillante. Molto meglio allora andarsi a rivedere Ritorno al futuro, anche se in Looper a meritare sono soprattutto gli apocalittici scenari urbani che caratterizzeranno le nostre metropoli, tanto mostruosi quanto ormai prossimi.    

venerdì 1 febbraio 2013

Sei come sei

anno: 2002       
regia: CAPPELLI, MASSIMO * LUCINI, LUCA * PARAGNANI, HERBERT, SIMONE * SCIULLI, GUERINO * TALOTTA, ANSELMO * ZACCARIELLO, ANDREA  
genere: commedia a episodi  
con Luca Zingaretti, Massimo Bellinzoni, Pino Colizzi, Ivano Marescotti, Lucia Poli, Katia Pietrobelli, Maurizio Esposito, Maddalena Maggi, Claudio Santamaria, Ennio Fantastichini, Pietro Sermonti, Anita Caprioli, Michele Venitucci, Giordano De Plano, Monica Sagaria Rossi, Ornella Giusto, Giorgio Colangeli, Stefano Scandaletti, Rolando Ravello, Massimo De Santis, Riccardo De Filippis, Nancy Gorgone  
location: Italia
voto: 5

Sei lungometraggi declinati secondo il numero due, con molti registi esordienti, alcuni dei quali si spera non ricevano altri contributi (in questo caso, 50 milioni di lire a testa) per aggiungere qualcosa alla settima  arte. Si parte benissimo con Appuntamento al buio (di Herbert Simone Paragnani), nel quale Claudio Santamaria è un ladruncolo che viene scambiato per il ragazzo col quale la padrona di casa (Maggi) si è data un appuntamento al buio. Il secondo episodio (Ampio, luminoso, vicino metro) vede in campo Ivano Marescotti e Lucia Poli: i due si contendono un appartamento da visionare a suon di colpi bassi. Nel terzo episodio (Una specie di appuntamento, di Andrea Zaccariello), ambientato negli anni 20 del Novecento, un magistrale Luca Zingaretti si prepara a un viaggio nel tempo dall'interno di una prigione, prendendo accordi col suo compagno di cella (Bellinzoni) che, grazie a un marchingegno escogitato dal compare, si vedrebbe risparmiare la vita sulla sedia elettrica, causa deviazione della corrente. Si parte benissimo ma si conclude tradendo le aspettative. Il quarto episodio (Una seconda occasione, di Anselmo Talotta) mette a confronto un funzionario dell'aldilà (Ravello) con un suicida (il pessimo Stefano Scandaletti): quando il ragazzo arriva alla sua scrivania, il funzionario sbuffa per la troppe carte che dovrà imbrattare, mostrandogli la possibilità di una seconda occasione. Il quinto episodio (L'ospite, di Guerino Sciulli) racconta di un marito che, non riuscendo ad arrivare con sua moglie alla fine del mese, mette quest'ultima a disposizione di qualche "cliente" (Colangeli). Chiusura pessima (Il sorriso di Diana, di Luca Lucini) con un ragno che si invaghisce di Anita Caprioli, inquilina di un appartamento malmesso.
La collocazione degli episodi segue esattamente la loro qualità: si parte benissimo e si finisce davvero molto male per quest'operazione che da riempitivo nelle sale ha finito per diventare un'unica confezione assemblata secondo la logica del numero due.