domenica 29 novembre 2015

Agente 007 - Spectre

anno: 2015       
regia: MENDES, SAM 
genere: spionaggio 
con Daniel Craig, Christoph Waltz, Léa Seydoux, Ralph Fiennes, Monica Bellucci, Rory Kinnear, Andrew Scott, Ben Whishaw, Naomie Harris, Dave Bautista    
location: Austria, Giappone, Italia, Marocco, Messico, Regno Unito
voto: 5 

Un piano sequenza acrobatico, una messa in scena portentosa nel giorno in cui a Città del Messico si celebrano i morti e una gigantesca esplosione con James Bond (Craig, alla sua quarta interpretazione del ruolo) che scivola sui piani inclinati di un palazzo che frana sotto i suoi piedi sono le credenziali con cui si presenta il venticinquestimo episodio della serie dedicata alla superspia britannica partorita (almeno in parte) dalla fantasia di Ian Fleming. Passato questo folgorante quarto d'ora iniziale, portatevi il cuscino: ne avrete bisogno perché sarete sommersi da una valanga di dialoghi letargici, da uno script aggrovigliatissimo e alo stesso tempo banale e da una regia che si mantiene nella più vieta ordinarietà della serie.
La trama è delle più risapute: il solito cattivone straricco (Waltz), a capo di una organizzazione criminale chiamata Spectre, orchestra stragi in giro per il mondo con lo scopo di radunare sotto il suo potere le agenzie per la sicurezza che dovrebbero fungere da antivirus a questi massacri. Nel frattempo, un funzionario doppiogiochista dei piani alti dell'intelligence britannica (Scott) sta lavorando per estinguere il programma degli agenti doppio zero, come, appunto, 007. Che, tra un amplesso e l'altro, inseguimenti in aeroplano e scazzottate sul treno, troverà anche il tempo per sbrogliare la matassa. Per Sam Mendes, sopravvalutato regista di film come American beauty e Revolutionary road, un'occasione sprecata, tanto più se si sfrutta in maniera tanto banale una città come Roma (con inseguimenti nel rione Monti e sulla riva del Tevere) e si fa recitare una come Monica Bellucci, per la quale diventa sempre più difficile adoperare la parola "attrice".    

sabato 28 novembre 2015

The Transporter Legacy

anno: 2015       
regia: DELAMARE, CAMILLE   
genere: gangster   
con Ed Skrein, Ray Stevenson, Loan Chabanol, Gabriella Wright, Tatiana Pajkovic, Wenxia Yu, Rasha Bukvic, Lenn Kudrjawizki, Anatole Taubman, Noemie Lenoir    
location: Cina, Francia, Montecarlo
voto: 2,5   

A Montecarlo, quattro donne costrette alla prostituzione assoldano un gangster che si fa chiamare "il trasportatore" (interpretato dal pessimo Ed Skrein) per compiere la loro vendetta. Le regole che l'uomo ha dettato vengono però violate e nella partita a scacchi tra papponi e creature immacolate con malcelate intenzioni plutofile entra in gioco anche il padre dell'uomo, ambiguo e sottaniere (Stevenson).
Da un'idea di Luc Besson, un gangster movie becero, realizzato malissimo, fracassone, con effetti speciali risibili e inseguimenti stravisti, plot scombinato e attori del tutto indegni di questo nome.    

Ronaldo (Ronaldo World Premiere Live)

anno: 2015   
regia: WONKE, ANTHONY   
genere: documentario   
con Cristiano Ronaldo, Dolores Aveiro, Lionel Messi, Jorge Mendes   
location: Portogallo, Spagna, Regno Unito, Usa
voto: 6   

Per tre volte (2008, 2013, 2014) è stato il calciatore più forte del mondo. Ha lasciato la famiglia a 11 anni, facendosi le ossa nello Sporting Lisbona per poi passare al Manchester United, vincere tutto il vincibile e approdare a una delle squadre più blasonate del pianeta, il Real Madrid. Lui si chiama Cristiano Ronaldo, è un marcantonio vanitoso e pieno di sé, vive con un figlio la cui maternità è avvolta dal mistero (un caso di genitorialità per procura?) in una reggia che è una gabbia dorata a tutti gli effetti. Intorno a lui pochissimi amici fidati, l'onnipresente procuratore Jorge Mendes, la madre e il fratello maggiore, ex alcolista alla stregua di un padre perso precocemente. Dai creatori di due biopic di successo - Senna e Amy - ecco arrivare il secondo documentario del 2015 dedicato all'attaccante portoghese (l'altro è Ronaldo: il mondo ai suoi piedi): un film che, sacrificando in larga parte le gesta pedatorie della punta madrilista, si affida moltissimo al disvelamento della vita privata del calciatore, mettendone a nudo la solitudine, mostrando le folle che impazziscono per un suo autografo e intarsiando l'opera con un riferimento all'ossessione costante del protagonista: Lionel Messi.    

Dobbiamo parlare

anno: 2015       
regia: RUBINI, SERGIO
genere: commedia
con Fabrizio Bentivoglio, Maria Pia Calzone, Isabella Ragonese, Sergio Rubini
location: Italia
voto: 6

In un attico pieno di magagne al centro di Roma vivono Vanni (Rubini) e Linda (Ragonese), lui scrittore dalla penna inaridita, lei ghostwriter che aspira alla propria autonomia. Nel bel mezzo dei preparativi per un'uscita con amici, piomba a casa loro un'amica (Calzone) sconvolta dalla scoperta del tradimento del marito, un celebre cardiochirurgo (Bentivoglio). Poco più tardi arriva anche lui e la serata si trasforma in una carneficina durante la quale ciascuno disseppellisce le asce di guerra per scaraventare sugli altri rancori sopiti, patologie di coppia e frustrazioni mai digerite, in un gioco al massacro di tutti contro tutti.
Al suo dodicesimo film, Rubini gira un Carnage all'amatriciana di chiaro impianto teatrale, a tratti assai divertente (con Bentivoglio che, se possibile, si supera nella parte del medico trucido che a ogni frase tira fuori una battuta comica) ma derivativo (Ferie d'Agosto, Cena tra amici), zeppo di stereotipi (la destra, la sinistra…), elementi superflui (il pesce dell'acquario che osserva la serata con la voce di Antonio Albanese), clamorosi difetti di casting (Maria Pia Calzone, adeguata nella serie televisiva Gomorra, qui è improponibile nel confronto con gli altri del quartetto protagonista né il gli etti di botulino non aiutano la già precaria articolazione mimica) e il finale pacificatorio che è esattamente quello che ti aspetti.    

sabato 21 novembre 2015

Loro chi?

anno: 2015       
regia: BONIFACCI, FABIO * MICCICHE', FRANCESCO
genere: commedia
con Marco Giallini, Edoardo Leo, Maurizio Casagrande, Ivano Marescotti, Catrinel Marlon, Lisa Bor, Vincenzo Paci, Antonio Catania, Susy Laude, Patrizia Loreti, Ginepro Bagnoli, Judica Rigozzi, Don Ferrante, Lorusso Gerardo, Alice Torriani
location: Italia
voto: 3,5

Le battute sono del genere: "Dottor Pisello! Lei ha un problema con la lunghezza!". Gli attori, quando va bene, sono reclutati sul web (Uccio De Santis); quando va male, presumibilmente dalle liste di disoccupazione di lungo corso. La sceneggiatura è un groviera del tutto incurante di raccordare anche solo minimante i nessi logici del racconto. Che è questo: Davide (Leo), trentaseienne in ascesa in un'azienda che ha un brevetto che potrebbe sbaragliare la concorrenza, perde tutti i suoi soldi, la fidanzata e il lavoro dopo essere stato addormentato da un Fregoli della truffa (Giallini). Il malcapitato si mette alla ricerca dell'uomo che gli ha rovinato la vita e lo trova ma, incurante dell'ammonimento secondo il quale "il truffato deve supplicare di essere truffato", irretito dalla vita frenetica e divertente proposta dal suo mentore, finisce per diventarne complice, quindi per trovarsi nel ruolo della vittima una seconda volta. Con modestissima sorpresa finale.
Dopo Buongiorno papà e Tutta colpa di Freud, Giallini e Leo tornano a calcare lo stesso set per la terza volta con un film che vorrebbe fare il verso a La stangata ma che si dimostra incapace di sfruttare le potenzialità quasi garantite dell'hoax movie. Gli esordienti Bonifacci e Miccichè (quest'ultimo figlio del critico Lino) cuciono una commedia strampalata, con Leo che interpreta per la miliardesima volta il ruolo del bravo ragazzo piagnucoloso e Giallini costantemente sopra le righe e con le sopracciglia in trazione permanente. Per converso, i due neoregisti dimostrano di avere appreso immediatamente le sordide regole del product placement, con un'intera scena regalata a Gianluca Mech, quello che si è arricchito con l'impostura di Tisanoreica.    

venerdì 20 novembre 2015

Cane e padrone (One Nation Under Dog)

anno: 2012   
regia: CARCHMAN, JENNY * GOOSENBERG KENT, ELLEN * MICHELI, AMANDA   
genere: documentario   
location: Usa
voto: 5   

Paura, perdita, tradimento. Tre capitoli diretti da altrettante registe per raccontare, nella prospettiva del tutto peculiare delle stramberie della società americana, il rapporto tra i cani e i loro padroni. Dalle controversie legali innescate da cani troppo aggressivi, che per questo devono essere abbattuti, alla clonazione di un cane per cifre astronomiche allo scopo di prolungare ad libitum l'affetto verso l'animale, il documentario, pur nella sua discontinuità tra le tre parti e nell'irrisorietà dell'aspetto squisitamente filmico, è un campionario di assurdità e ridicolaggine umana. Cani sepolti con cerimonie faraoniche, cani che ereditano fortune e altre trovate fantasiose del mondo dei bipedi costituiscono il capitolo centrale. La bordata in pieno ventre arriva verso il quarantesimo minuto, con il capitolo intitolato "tradimento": cani rinchiusi in lager in condizioni inammissibili, gassati brutalmente e scaricati come fossero cumuli di immondizia e altre amenità ci mettono davanti alla faccia più cruda delle conseguenze dell'abbandono. Chiusura rigenerante con una breve rassegna dei tanti volontari che negli Stati Uniti hanno aperto ricoveri per cani abbandonati. Quasi a misura di umani.    

giovedì 19 novembre 2015

Elles (Sponsoring)

anno: 2011       
regia: SZUMOWSKA, MALGORZATA 
genere: drammatico 
con Juliette Binoche, Anaïs Demoustier, Joanna Kulig, Krystyna Janda, Louis-Do de Lencquesaing, Andrzej Chyra, Ali Marhyar, Jean-Marie Binoche, François Civil, Pablo Beugnet    
location: Francia
voto: 5 

Anne (Binoche) è una giornalista parigina che scrive per il periodico Elles, impegnata in un articolo sulle escort. Incontrando per l'inchiesta due baby studentesse che mercificano il loro corpo, la giornalista, che vive nell'androceo domestico come una donna di sessant'anni prima, si troverà a fare i conti con la sua sessualità sopita e repressa, la sua infelicità e con la sua solitudine.
Difficile dire, dal punto di vista maschile, quanto la regista polacca Malgorzata Szumowska abbia centrato il bersaglio nel raccontare fantasie, illusioni, timori e prudori dell'eros puntando su personaggi tanto polarizzati. L'incedere della storia dà l'impressione che questo film - pretenzioso, ambiguo e patinato - non decolli mai veramente e quel finale così statico sembra lasciar intendere che, alla fine, tutto quel cataclisma interiore sia passato senza lasciare traccia.
Sul genere, molto meglio andarsi a vedre Nymphomaniac o Giovane e bella.    

mercoledì 18 novembre 2015

Gli ultimi saranno ultimi

anno: 2015       
regia: BRUNO, MASSIMILIANO 
genere: commedia 
con Paola Cortellesi, Alessandro Gassman, Fabrizio Bentivoglio, Stefano Fresi, Ilaria Spada, Federico Torre, Irma Carolina di Monte, Silvia Salvatori, Giorgio Caputo, Emanuela Fanelli, Marco Giuliani, Maria Di Biase, Augusto Fornari, Diego Ribon, Francesco Acquaroli, Marco Falaguasta, Alessandra Costanzo, Raffaele Vannoli    
location: Italia
voto: 5,5 

Luciana (Cortellesi) e Stefano (Gassman) si amano, vivono a Nepi, una paesino del viterbese, hanno molti amici e poche necessità. Lei tira avanti la carretta in un'azienda che produce parrucche; lui è un Peter Pan continuamente alla ricerca dell'affare per svoltare, fifa sfegatatamente Lazio e pensa che Polentes - terzino di riserva della squadra biancoceleste che vinse lo scudetto - fosse un pippone. Le loro vite si incrociano drammaticamente con quelle di Antonio (Bentivoglio), poliziotto veneto esiliato laggiù e mobbizzato sul posto. Dopo non essersi vista rinnovare il contratto a causa della sopraggiunta gravidanza, infatti, Luciana cerca di venire a patti con le cattive con i suoi superiori, costringendo Antonio a un intervento fuori programma.
Al suo quarto film da regista, lo sceneggiatore e attore Massimiliano Bruno si conferma autore per un pubblico di esigenze elementari, al quale ancora una volta scodella la sua ricettina di temi socialmente rilevanti, buoni sentimenti e luoghi comuni. Se in Confusi e felici l'amalgama aveva fruttato una pietanza indigesta, stavolta - in questo dramedy tratto dall'omonima piece teatrale del regista - qualcosa si salva, dal ritmo alle trovate comiche. Ma il prezzo del biglietto, in un film sovraccarico di temi e sottotrame (dallo stigma verso il diverso al tradimento), lo vale l'ennesima, titanica interpretazione di Fabrizio Bentivoglio, ormai in perenne stato di grazia.    

lunedì 16 novembre 2015

Leviathan

anno: 2014       
regia: ZVYAGINTSEV, ANDREY 
genere: drammatico 
con Aleksey Serebryakov, Elena Lyadova, Vladimir Vdovichenkov, Roman Madyanov, Anna Ukolova, Sergey Pokhodaev, Aleksey Rozin, Kristina Pakarina, Igor Sergeev, Dmitriy Bykovskiy-Romashov, Valeriy Grishko, Sergey Bachurskiy, Igor Savochkin, Platon Kamenev, Lesya Kudryashova, Sergey Borisov, Sergey Murzin, Natalya Garustovich, Olga Lapshina, Anna Pereleshina, Alla Emintseva, Margarita Shubina, Irina Ryndina, Irina Gavra, Andrey Kostyuk, Vyacheslav Gonchar, Irina Vilkova, Alim Bidnenko, Tatyana Afanaseva, Mariya Skornitskaya, Elena Ivitskaya, Vladimir Lupanov, Ruslan Khabibullov, Larisa Krupina, Pavel Kolmakov-Lebedev, Artyom Kobzev, Dmitriy Kuryanov, Konstantin Telegin, Aleksey Dolgushin, Aleksey Pavlov, Igor Litovkin, Grigory Baranov, Dmitriy Tolkachyov, Viktor Ryabov, Sergey Grab, Evgeniy Ryabov, Evgeniy Yakunin, Nikita Yashin, Andrey Kolyadov, Ulyana Artemenko, Aleksandr Shabalin, Aleksey Karabanov, Andrey Belozerov, Sergey Zhivotov, Valeriy Devyatykh, Dmitriy Kovalenko    
location: Russia
voto: 6 

In Italia non lo si vedeva dal 2003, quando vinse il Leone d'oro con Il ritorno, storia di una paternità difficile. Poi, ogni film almeno un premio: quello per la migliore interpretazione maschile (Izgnanie) e il gran premio della giuria (Elena), entrambi a Cannes, ambedue invisibili da noi. Poi arriva questo Leviathan, premio per la miglior sceneggiatura ancora a Cannes nonché Golden Globe 2015 come miglior film straniero. Ancora una volta Andrey Zvyagintsev mostra una totale padronanza espressiva del mezzo filmico, scaraventando sulle nostre retine immagini magnifiche fin dalla prima inquadratura e procedendo nuovamente con un racconto ellittico e sospeso ai limiti del mistero, algido e metafisico, nel quale trova ancora cittadinanza, anche se sulle quinte del copione, il tema della paternità. La vicenda raccontata è quella di Kolya (Serebryakov), meccanico assai scontroso spesso attaccato alla bottiglia, che vive col figlio adolescente e la seconda moglie in una casa collocata in una zona che fa gola al sindaco locale (Madyanov). Il potere devastante e laviatanico del politico corrotto gliela vuole demolire a suon di carte bollate e intrighi legali. Per difendersi, Kolya non ha altro che un principe del foro giunto appositamente da Mosca (Vdovichenkov), che ha con sé un dossier scottante riguardante il sindaco. L'avvocato sembra avere preso molto seriamente il suo impegno (ma perché? Chi è? Da dove viene?) ma poi le cose precipitano e Kolya si troverà solo a combattere una battaglia impossibile.
L'amicizia, il tradimento, la paternità, l'adolescenza, la mostruosità del potere sono le pietre angolari sulle quali poggia un racconto dai tempi dilatatissimi (sarà per questo che Zvyagintsev piace così tanto ai francesi?), giocato per sottrazione, popolato da personaggi meschini e ruvidi che compongono il mosaico di un'umanità sfatta e corrotta, emblema della Russia di Putin forse peggiore di quella zarista, che offre al titolo del film una duplice lettura: oltre a quella biblica, tratta dal libro di Giobbe, quella hobbesiana del Leviatano, l'espressione massima della mostruosità del potere di fronte all'impotenza dell'individuo.
Orecchio alle musiche: le ha firmate Philip Glass.    

domenica 15 novembre 2015

Ma papà ti manda sola? (What's up, doc?)

anno: 1972       
regia: BOGDANOVICH, PETER  
genere: commedia  
con Barbra Streisand, Ryan O'Neal, Kenneth Mars, Austin Pendleton, Sorrell Booke, Stefan Gierasch, Mabel Albertson, Michael Murphy, Graham Jarvis, Madeline Kahn, Liam Dunn, Phil Roth, John Hillerman, George Morfogen, Randy Quaid, M. Emmet Walsh, Eleanor Zee, Kevin O'Neal    
location: Usa
voto: 6,5  

In un albergo di San Francisco, dove si tiene un congresso di studiosi di musica, alcuni ladri hanno messo gli occhi su una valigia contenete dei preziosi di altissimo valore. Ma una valigia identica a quella che fa gola ai ladri la possiedano in tanti. Tra questi, Howard (O'Neal), che viene irretito da una sciroccata dalla formidabile parlantina (Streisand), la quale riesce persino a portarlo via alla fidanzata (Kahn).
Commedia spumeggiante, che all'epoca fu un enorme successo, con qualche debito nei confronti di Susanna di Howard Hawks e firmata dall'ex critico cinematografico Peter Bogdanovich, qui ancora in tandem con l'idolo delle ragazzine Ryan O'Neal (reduce dal successo planetario di Love story). A distanza, qualche situazione da slapstick fa quasi tenerezza per quanto è ingenua, ma l'intreccio tiene, il ritmo è serrato e i dialoghi non hanno perso smalto.
Sette anni più tardi, la coppia protagonista sarebbe tornata insieme per girare il mediocre Ma che sei tutta matta? sotto la regia si Howard Zieff.

venerdì 13 novembre 2015

Il pasticciere

anno: 2012       
regia: SARDIELLO, LUIGI
genere: noir
con Antonio Catania, Rosaria Russo, Ennio Fantastichini, Sara D'Amario, Antonio Stornaiolo, Ivan Zerbinati, Emilio Solfrizzi, Luca Cirasola
location: Croazia, Italia
voto: 3

Il vero enigma di questo atipico noir all'italiana, così urgente da doverlo anteporre alla trama è: ma chi è Rosaria Russo? Perché nei titoli di testa il suo nome compare accanto a quello del protagonista assoluto, Antonio Catania, pur avendo una parte decisamente minore? Per quali imperscrutabili congiunture astrali la fanno recitare? Risulta che la ragazzotta ha lavorato un paio di volte con Giulio Manfredonia (Si può fare e La nostra terra) e ha già una precedente esperienza con Luigi Sardiello nel dimenticabilissimo Piede di Dio. Qui la nostra eroina siciliana impersona una escort alle brutali dipendenze di un boss (Fantastichini) che ricicla denaro sporco e si fa chiamare "l'avvocato". Per una serie di circostanze sfortunate, da quest'ultimo, in Croazia, capita un pasticciere italiano (Catania) coinvolto suo malgrado in un omicidio. Procedendo a colpi di "mio padre diceva sempre…", non si capisce se l'uomo ci sia o ci faccia. Fatto sta che si macchia di una serie di delitti forse fortuiti, mantenendo il suo personaggio su un crinale di costante ambiguità.
L'opera seconda di Luigi Sardiello parte come una commedia in salsa noir, memore della lezione di Arsenico e vecchi merletti, per poi virare su un intreccio con voragini nella sceneggiatura che rendono incomprensibili molti eventi, per di più complicati da una inutile sottotrama rosa. Alla pessima Rosaria Russo (ci si domanda se la scena della fellatio sia metonimica delle modalità della sua affermazione come attrice) si affianca un attore stralunato come Antonio Catania (discreto caratterista, ma incapace di portare un film sulle sue spalle e comunque qui a una delle sue peggiori interpretazioni) e un cast di contorno per il quale, con l'eccezione di un Fantastichini comunque svogliato, è impossibile usare il sostantivo "attore".    

mercoledì 11 novembre 2015

Mary and Max

anno: 2009   
regia: ELLIOT, ADAM 
genere: animazione 
con le voci di Toni Collette, Philip Seymour Hoffman, Barry Humpries, Eric Bana 
location: Australia, Usa
voto: 9,5 

La lunga amicizia epistolare, durata oltre 3 lustri e cominciata nel 1976, tra Mary, una bambina australiana di 8 anni, e Max, un 44enne americano affetto dalla sindrome di Asperger. È la storia di due solitudini accomunate dalla passione per il cioccolato e per alcuni pupazzetti chiamati Noblets. Max è un ebreo ateo obeso, frequenta il gruppo di autoaiuto dei Mangioni Anonimi, vive in una New York in bianco e nero, ama parole come unguento, bomboape, Vladivostok, banana e testicolo e ne ha inventate di nuove come conflesso (quando uno è confuso e perplesso allo stesso tempo) nevango (quando la neve si mescola con il fango della strada ) e splattelle, che sarebbero i cibi schiacciati che trovi in fondo  al sacchetto (da applausi il lavoro compiuto dai traduttori). Mary vive in una cittadina polverosa dalla netta dominante ocra, con una madre alcolizzata e repressiva e un padre che divide il suo tempo tra la catena di montaggio dove attacca i fili alle bustine da tè e il passatempo come tassidermista. È invaghita di un vicino di casa balbuziente e ha l'attitudine a porsi domande eterodosse degne di Salinger ("alle oche viene la pelle d'oca?" o "se un taxi va all'indietro, l'autista ti deve dei soldi?"). Nelle buste e nei plichi che circolano tra i due continenti, Mary e Max si scambiano di tutto, dalla bottiglietta con le lacrime (che Max, per quanto si possa sforzare, non riesce a produrre) alle fette di torta al cioccolato.
Al suo primo lungometraggio dopo alcuni corti pluripremiati, l'australiano Adam Elliot firma tutto da solo un film d'animazione in stop motion (potrebbe sembrare lo spunto narrativo di 84 Charing Cross road girato come se fosse Wallace & Gromit) che è un capolavoro di grazia, poesia, intuizioni acutissime. In esso trovano cittadinanza riflessioni sulla malattia, la solitudine, il linguaggio, l'ecologia, il bullismo e altro ancora in una sceneggiatura che riesce ad essere perfettamente armonica senza dare il minimo sentore di forzatura. Alla potenza dei contenuti corrispondono le scelte felicissime della forma (con la sostanziale eliminazione del colore dai mondi dei due personaggi), una cura encomiabile per i personaggi di contorno (dal dirimpettaio agorafobico di Mary al gatto di Max col l'alitosi), in un tripudio di invenzioni ad altissimo tasso lirico. Come se non bastasse, a ornare il tutto c'è la musica della Penguin Cafe Orchestra e la voce davvero straordinaria di Philip Seymour Hoffman, che ci ricorda quale grandissimo interprete abbiamo perso anche sotto il profilo vocale.    

domenica 8 novembre 2015

Alaska

anno: 2015       
regia: CUPELLINI, CLAUDIO  
genere: sentimentale  
con Elio Germano, Astrid Berges-Frisbey, Valerio Binasco, Elena Radonicich, Antoine Oppenheim, Paolo Pierobon, Pino Colizzi, Marco d'Amore, Roschdy Zem, Anastasia Vinogradova, Xavier Lemaître, Eric Caruso, Fred Epaud, Maria Sole Mansutti, Riccardo Floris, Stefano Fregni, Nadia Aldridge, Rossana Mortara, Anna Zelthonosova, Florence Villain, Hazel Morillo, Édouard Giard, Gharbi Anis, Dov Maman, Orietta Notari, Roberta Rovelli, Nicola Sisti Ajmone, Gianni Bissaca, Désirée Giorgetti, Elena Vettori, Davide Artico   
location: Francia, Italia
voto: 8  

Lui (Germano) fa il cameriere in un hotel parigino a 5 stelle, lei (Berges-Frisbey) è un'aspirante fotomodella poco convinta. Si incontrano per caso nella terrazza di quello stesso albergo, fanno una bravata e la vicenda finisce male. Da lì il carcere (per lui) e il successo professionale (per lei), l'inizio di una storia d'amore che li porterà a Milano, contrappesi di una bilancia esistenziale che quando pende da una parte si impenna dall'altra, e viceversa.
Alaska, terzo film di Claudio Cupellini esclusivamente a sua firma, arriva nelle sale a cinque anni di distanza da Una vita tranquilla, proponendo ancora una volta il racconto di un'esistenza apolide. Su una trama fittissima e in qualche passaggio ai limiti del verosimile, nella quale assistiamo al saliscendi continuo dei protagonisti sull'ascensore della mobilità sociale, si innesta una gamma ricchissima di chiaroscuri emozionali che rendono pulsante e tangibilissimo il travaglio sentimentale dei due protagonisti, serviti da una coppia di attori che giganteggiano e aiutati da alcune sottotrame dalle quali emergono soprattutto a tutto tondo i ritratti dell'amicizia virile.    

sabato 7 novembre 2015

Hitman: Agent 47

anno: 2015       
regia: BACH, ALEKSANDER
genere: gangster
con Rupert Friend, Hannah Ware, Zachary Quinto, Ciarán Hinds, Thomas Kretschmann, Angelababy, Dan Bakkedahl, Emilio Rivera, Rolf Kanies, Michaela Caspar    
location: Austria, Germania, Singapore, Usa
voto: 3

Dopo avere modificato il dna di uomini preposti a diventare dei killer senza emozioni né sensi di colpa, lo scienziato che ha creato questi mostri (Hinds) sparisce dalla circolazione. Lo cercano sia una non meglio definita associazione criminale, che vorrebbe usare l'invenzione per costruire un esercito invincibile, sia un agente (Friend) che di quel progetto è uno dei primi prototipi. Per arrivare al novello dottor Frankestein si cerca sua figlia (Ware), una ragazza alla quale lo scienziato ha aggiunto dei poteri sensitivi speciali. Dopo avere girato mezzo mondo, inseguitori e inseguita si troveranno a giocare la partita decisiva a Singapore.
Tratto da un videogioco del genere "sparatutto", questo fantathriller ne conserva integralmente la sostanziale imbecillità che spiega perché legioni di ragazzi cresciuti con la playstation in mano siano sostanzialmente acefali. La regia miescela effetti speciali ai limiti del ridicolo con una interminabile trafila di citazioni dal cinema di genere (Matrix, The Bourne identity, Terminator), scazzottate, arti marziali e sparatorie a gogò. Disturbante nella sua assoluta pochezza, il secondo episodio tratto dall'omonimo videogioco si fa disprezzare anche per il sottotesto fascistoide che veicola e per il totale dilettantismo dell'intero cast.    

giovedì 5 novembre 2015

La santa

anno: 2013   
regia: ALEMA', COSIMO
genere: noir
con Massimiliano Gallo, Gianluca Di Gennaro, Francesco Siciliano, Michael Schermi, Lidia Vitale, Marianna Di Martino, Renato Marchetti, Elena Cantarone, Anna Celeste Cuppone, Ludovica Tarsia, Emanuela Gabrieli, Ippolito Chiarello, Bianca Nappi    
location: Italia
voto: 6,5

Proprio nei giorni in cui si tiene la processione in onore della Santa Patrona, quattro balordi si recano in un paese del Salento, decisi a rubare la statua che la rappresenta. Non sanno due cose: che su quella statua hanno messo gli occhi anche altre persone e che gli autoctoni sono disposti a brandire fucili e bastoni pur di evitare quel gesto sacrilego.
Lo spunto che cerca di coniugare noir e commedia calandoli in un contesto da medioevo, straniato e feroce, ci porta dalle parti di quel cinema indipendente italiano in salsa provinciale che trova ne La ragazza del lago, Sulla strada di casa, Henry e Anime nere i suoi pezzi migliori, con la scena della processione che richiama alla mente quella de La terra. Qui però, nonostante la coraggiosa indole antireligiosa e la potenza di alcune scene, il meccanismo si inceppa tanto su alcune deviazioni proclamatorie (la giaculatoria di Massimiliano Gallo diretta ad alcune adolescenti all'interno di una chiesa), quanto su alcuni eccessi nel disegno della psicologia dei personaggi femminili (tra il ninfomane e il depravato) che sulla rappresentazione di un contesto provinciale in totale anomia, che rende il film un western postmoderno.    

mercoledì 4 novembre 2015

Francesco Guccini e i Nomadi: un incontro

anno. 1980   
regia: AGOSTI, SILVANO   
genere: musicale   
con Francesco Guccini, i Nomadi, Augusto Daolio, Beppe Carletti, Chris Dennis, Jimmy Villotti, Juan Carlos Flaco Biondini, Paolo Lancellotti, Umbi Maggi
location: Italia
voto: 7   

Nel 1979 Francesco Guccini e i Nomadi tornarono insieme sul palco. Il loro sodalizio era cominciato nel decennio precedente, quando il cantautore modenese "prestò" al gruppo guidato da Augusto Daolio canzoni come Noi non ci saremo, Primavera di Praga, Dio è morto e Auschwitz. Quell'incontro venne suggellato prima da un album dal vivo (Album concerto) e immediatamente dopo da questo documentario diretto da Silvano Agosti, cineasta indipendente ed esercente stralunato che gestisce un piccolo cinema nel quartiere romano Prati, l'Azzurro Scipioni. Circolato già all'epoca in maniera semiclandestina anche per via della brevissima durata (poco più di mezz'ora), quel concerto, registrato al Kiwi di Modena, rimane soprattutto come documento di un'epoca e come emblema dell'impegno della canzone d'autore di quegli anni. Paragonato all'iperprofessionismo odierno e ai concerti che possiamo vedere su Sky o su ArteLiveWeb, certi piani strettissimi sui volti o l'indugio della macchina da presa su alcuni spettatori colpisce per l'ingenuità della sintassi, che però nulla toglie al piacere della visione.

domenica 1 novembre 2015

La legge del mercato (La loi du marché)

anno: 2015       
regia: BRIZE', STEPHANE   
genere: drammatico   
con Vincent Lindon, Yves Ory, Karine Petit de Mirbeck, Matthieu Schaller, Xavier Mathieu, Paul Portoleau, Pierre-Jean Feld, Philippe Vesco, Christophe Rossignon, Noel Mairot, Agnès Millord    
location: Francia
voto: 6,5   

A cinquant'anni suonati, Thierry (Vincent Lindon, premiato a Cannes per la migliore interpretazione maschile) si ritrova senza lavoro, con le rate del mutuo ancora da pagare e un figlio disabile a carico. La sua vita si trasforma in un'odissea fatta di colloqui di lavoro sostenuti via Skype e focus group mirati a ottimizzare la propria immagine nell'eventualità di ulteriori colloqui. Insieme a sua moglie decide anche di vendere la sua casetta mobile per le vacanze. L'unica oasi di leggerezza è il ballo. Quando finalmente riesce a trovare un'occupazione sottopagata come vigilante in un centro commerciale, prima è costretto ad assistere all'umiliazione di furfantelli e anziani che non arrivano alla fine del mese, quindi a cogliere in flagranza di reato le cassiere che mettono astutamente da parte i buoni premio (strategia che ai piani alti torna utile al fine di sfoltire il personale senza avere noie sindacali) e infine a testimoniare contro una di esse, rea di avere strisciato la propria carta fedeltà al posto dei clienti.
Fedele (fin troppo) alla poetica impegnata dei fratelli Dardenne, il film del semiesordiente Stéphane Brizé ne sposa anche lo stile, con il ricorso a molti attori non professionisti, lunghe inquadrature fisse che si alternano alla macchina a spalla sempre a ridosso del protagonista (anche quando fa da semplice spettatore alla scena), assenza di colonna sonora e dialoghi fittissimi. L'operazione, però riesce fino a un certo punto: se sul piano dei contenuti La legge del mercato è un film ineccepibile, addirittura necessario per come riesce a raccontare lo spaesamento della disoccupazione in età avanzata e inquadrabile in quel cinema di impegno sociale di cui Ken Loach è una delle punte più avanzate, sul piano della forma e della scrittura convince meno: sia per la scelta di fare ulteriormente leva sul sentimentalismo dello spettatore, affiancando al protagonista un figlio portatore di handicap, senza che questo abbia alcuna funzionalità narrativa, sia per l'indugiare quasi compiaciuto sui tempi del racconto, come in una scena del ballo di durata spasmodica. Ma la scena del tele colloquio e quella dell'addestramento al curriculum rimangono scolpite nella memoria per l'iperrealismo con cui riescono a rappresentare la mercificazione del lavoro umano all'interno di un'opera complessivamente asciutta e piuttosto fredda.