domenica 26 giugno 2016

Le sei mogli di Barbablù

anno: 1950   
regia: BRAGAGLIA, CARLO LUDOVICO   
genere: comico   
con Totò, Isa Barzizza, Mario Castellani, Carlo Ninchi, Tino Buazzelli, Aldo Bufi Landi, Luigi Pavese, Erminio Spalla, Eduardo Passarelli, Silvia Fazi, Franco Jamonte, Nino Marchesini, Enzo Garinei, Anna Di Lorenzo, Sofia Lazzaro (Sophia Loren), Giuseppe Ricagno, Renato Navarrini, Leo Garavaglia, Magda Forlenza, Arnaldo Mochetti, Laura Tiberti, Arturo Bragaglia, Leonardo Bragaglia, Giorgio Costantini    
location: Italia
voto: 7   

Per scappare dalla moglie Domenica (Fazi), Totò Esposito si rifugia come clandestino nella stiva di una nave. Il caso vuole che lui e un altro clandestino (Castellani), che si trova a bordo della stessa imbarcazione, vengano scambiati per un celebre investigatore e per il suo assistente, i quali stano indagando su un serial killer che ha già ucciso i mariti di 6 donne fresche di matrimonio e rapite queste ultime.
Commedia degli equivoci sul tema del doppio scritta con brio e che riesca non fare interamente leva sul repertorio di Totò. Il quale sciorina una raffica di calembour, gioca con la plasticità della sua mimica ma si trova anche costretto a un assolo in chiave gotico-farsesca che è tuttavia il momento più debole del film.

sabato 25 giugno 2016

Pecore in erba

anno: 2015   
regia: CAVIGLIA, ALBERTO  
genere: grottesco  
con Davide Giordano, Anna Ferruzzo, Omero Antonutti, Bianca Nappi, Mimosa Campironi, Alberto Di Stasio, Lorenza Indovina, Francesco Russo, Niccolò Senni, Paola Minaccioni, Marco Ripoldi, Josafat Vagni, Massimiliano Gallo, Carolina Crescentini, Vinicio Marchioni, Antonio Zavatteri, Massimo De Lorenzo, Francesco Pannofino, Tommaso Mercuri, Valerio Cerullo, Manuel Mariani, Francesco Arca, Corrado Augias, Tinto Brass, Gianni Canova, Claudio Cerasa, Ferruccio De Bortoli, Giancarlo De Cataldo, Elio, Fabio Fazio, Carlo Freccero, Gipi (Gian Alfonso Pacinotti), Linus, Giancarlo Magalli, Enrico Mentana, Giulia Michelini, Vittorio Sgarbi, Kasia Smutniak, Mara Venier    
location: Italia
voto: 7  

Nel 2006 l'improvvisa scomparsa del giovane Leonardo Zuliani (Giordano), attivista infaticabile per i diritti di espressione dell'antisemitismo, mette l'Italia in subbuglio. Si susseguono manifestazioni in tutto lo stivale, le televisioni ne danno notizia incessantemente, si interrogano esperti di media, sociologi, psicologi, critici letterari, mentre le autorità internazionali si mobilitano sul caso. Già, perché Leonardo Zuliani, protagonista anche di  un biopic che ne ricostruisce le gesta (Paura d'odiare), è l'emblema della lotta radicale agli ebrei. Inventore di una tastiera speciale (la hateboard) per insultare in automatico sui social, di un kit per bruciare la bandiera israeliana, sommo stratega da stadio capace di eludere la sorveglianza dei celerini sugli striscioni a suon di anagrammi ("ebreo trippone crepa" è quello di "troppe pecore in erba"), Zuliani diventa l'eroe santificato di un mondo interamente alla rovescia, oggetto di un'agiografia che passa indistintamente dalla bocca della madre e della sorella a quella degli amici d'infanzia o agli esponenti della Lega Nerd (sic).
L'idea di Alberto Caviglia, trentenne romano ebreo con una laurea in filosofia, porta al parossismo il linguaggio del politicamente scorretto che ha già in Sasha Baron Cohen uno dei suoi alfieri più illustri. La realizzazione è impeccabile, piena di inventiva, realizzata come un mockumentary fatto di testimonianze, interviste ad esperti (Corrado Augias, Tinto Brass, Gianni Canova, Claudio Cerasa, Ferruccio De Bortoli, Giancarlo De Cataldo, Elio, Fabio Fazio, Carlo Freccero, Linus, Giancarlo Magalli, Enrico Mentana, Vittorio Sgarbi, Kasia Smutniak e Mara Venier compaiono nei panni di loro stessi, tutti ugualmente credibili), footage, trovate esilaranti come quella della New Bible Redux, che fa scomparire i riferimenti agli ebrei dalla Bibbia. Il problema del film è quello di abbordare spesso la battuta di grana grossa, di lasciarsi attrarre dalla corriva viralità del web, di aggirarsi sempre sugli stessi stereotipi antisionisti e di dilatare spasmodicamente l'idea da barzelletta che gli sta dietro. Ma il film sprizza intelligenza, ha coraggio e chissà che Caviglia, maturando, non ci proponga in futuro un vero capolavoro.    

venerdì 24 giugno 2016

Lui è tornato (Er Ist Wieder Da)

anno: 2015       
regia: WNENDT, DAVID
genere: grottesco
con Oliver Masucci, Fabian Busch, Christoph Maria Herbst, Katja Riemann, Franziska Wulf, Lars Rudolph, Michael Kessler    
location: Germania
voto: 5

Problema etico: si può scherzare su personaggi come Hitler? In fondo, lo aveva già fatto Chaplin con Il grande dittatore. O conta soltanto la verità ricercata a colpi di storiografia? Lui è tornato, film grottesco a cavaliere tra finzione e documentario con largo uso della candid camera, immagina un Hitler redivivo (Masucci) che si aggira per le strade di Berlino, nel 2014. La gente che lo incrocia lo prende per un attore in cerca di popolarità, un cameramen fresco di licenziamento (Busch) punta su di lui per un rilancio mediatico, un manager televisivo deluso (Herbst) cerca di ritorcere il caso Hitler contro la donna (Riemann) che gli avrebbe usurpato la direzione della testata televisiva dove lavora. Intanto, davanti alle telecamere, Hitler - che continua a ribadire, fermamente e con qualche stupore per l'ingenuità delle domande, le sue generalità - comincia a fare proseliti. In un paradosso massmediologico evidentissimo, i suoi discorsi contro la televisione catturano l'attenzione del pubblico, lo share schizza alle stelle e si apparecchiano le condizioni per un ritorno alla situazione degli anni '30, quando il führer prese il potere in Germania. Qualche neonazista massacra di botte il redivivo Adolf credendolo un impostore che si fa beffa del suo idolo.
Non è la prima volta che il tema della psicologia di massa - declinato nei termini di Tarde, Sighele o Le Bon - arriva sul grande schermo (Il signore delle mosche, L'onda), né è la prima volta che la figura di Hitler viene riesumata per il cinema (La caduta). L'idea di partenza, accompagnata da una realizzazione indubbiamente riuscita sul piano della sintassi filmica, in questo caso è davvero originale, ma finisce col risolversi in una sterile satira sul sistema dei media, ripetitiva e con le unghie spuntate.    

mercoledì 22 giugno 2016

Gli invisibili (Time Out of Mind)

anno: 2014       
regia: MOVERMAN, OREN 
genere: drammatico 
con Richard Gere, Ben Vereen, Jena Malone, Steve Buscemi, Jeremy Strong, Kyra Sedgwick, Michael Buscemi, Aku Orraca-Tetteh, Anna Suzuki, Dov Tiefenbach, Peter Mark Kendall, Billy Hough, Miranda Bailey, Brian d'Arcy James, Geraldine Hughes, William Bogert, Dominic Colon, Malik Burke, Yul Vázquez, James Collins Jr., Anjili Pal, Tonye Patano, Michael K. Williams, Colman Domingo, Victor Pagan, Clinton Lowe, Maria-Christina Oliveras, James Andrew O'Connor, Sonnie Brown, Lisa Datz, Victor Verhaeghe, Thom Bishops, Tony Scheinman, Renee Flemings, Abigail Savage, Nate Dern, Alexi Melvin    
location: Usa
voto: 4 

Dismessi i panni del miliardario Franny, il un solo colpo Richard Gere si trova catapultato dalla parte opposta della scala sociale. Per l'occasione è un clochard newyorchese che ha perso dignità, lavoro e l'affetto di una figlia che ricerca ostinatamente. La macchina da presa lo segue quasi sempre da dietro vetrate, muri, cancelli, portoni: una didascalia fin troppo sottolineata della condizione in cui vive l'uomo. Così come pare eccessivamente enfatizzata la dimensione del tempo che non passa e della monotonia delle giornate - sottolineate anche dal titolo in lingua inglese, Time out of mind - e che appiattisce il film su una monodimensionalità narrativa disarmante. L'operazione, sul piano delle intenzioni, è encomiabile. Ben altro discorso va fatto per la riuscita artistica del prodotto, servito da un attore di limitato talento e da una sceneggiatura che cerca espedienti banali (la sopraffazione, la guerra tra esclusi, la violenza gratuita subita), producendo un affresco stentato, piatto, semindocumentaristico.    

martedì 21 giugno 2016

One On One (Il-dae-il)

anno: 2014       
regia: KI-DUK, KIM  
genere: fantastico  
con Dong-seok Ma, Young-min Kim, Yi-Kyeong Lee, Dong-in Jo, Teo Yoo, Ji-hye Ahn, Jae-ryong Cho, Jung-ki Kim, Hee-Joong Ju, Gwi-hwa Choi, Hwa-Young Im, Su-dam Park    
location: Corea del Sud
voto: 1  


Possibile che l'autore di film altamente poetici (Primavera, estate, autunno, inverno… e ancora primavera, Ferro 3), capace di fotogrammi che sembrano dei quadri, sia lo stesso di questo One on one? È stato necessario ricontrollare il titolo del film e i database su internet per accertarmene. Sì, è proprio lui: Kim Ki-Duk. Che fine abbiano fatto la sua poetica intimista e il suo passo registico delicato proprio non si capisce. Qui lo spazio viene interamente lasciato a una regia sommaria, paratelevisiva, a inquadrature abborracciate, a una recitazione sotto il livello di guardia e a un plot narrativo insulso. Che è questo: una ragazzina viene barbaramente uccisa. I sette uomini che hanno partecipato all'omicidio vengono rapiti, torturati e costretti e firmare la loro confessione da una non meglio specificata "setta della ombre". Uno dei sette, una volta liberato, cerca di trovare il loro nascondiglio.
Siamo in pieno film fantapolitico, con un nugolo di violentissimi giustiziatori ferocemente anticomunisti (siamo nella tecnologicissima Corea del Sud) che tortura i malcapitati con tecniche che indurrebbero Foucault a riscrivere l'incipit di "Sorvegliare e punire". Puro obbrobrio.    

sabato 18 giugno 2016

Lolita

anno: 1962   
regia: KUBRICK, STANLEY  
genere: drammatico  
con James Mason, Peter Sellers, Shelley Winters, Sue Lyon, Gary Cockrell, Diana Decker, Jerry Stovin, Suzanne Gibbs, Cec Linder, Roland Brand, Shirley Douglas, James Dyrenforth, William Greene, John Harryson, Maxime Holden, Irwin Allen, Eric Lane, Isobel Lucas, Colin Maitland, Marion Mathie, Lois Maxwell, Craig Sams, Roberta Shore, Marianne Stone, Denir C. Warren, Terence Kilburn    
location: Usa
voto: 10  

Ricevuto un nuovo incarico accademico, il prof. Humbert (Mason) trova alloggio come pensionante nella casa di una vedova petulante (Winters). Attratto da Dolores (diminutivo: Lolita), giovanissima figlia della donna, pur di stare accanto alla teenager l'uomo ne sposala madre. Quando quest'ultima muore tragicamente, il prof. Humbert può finalmente ingaggiare con la ragazzina una liason che però è disturbata continuamente dagli occhi indiscreti del vicinato e dalla fantomatica figura di un commediografo che che è il motore narrativo occulto della storia.
Appena 7 anni dopo la pubblicazione dell'omonimo best-seller, Kubrick firma uno dei suoi capolavori, forse il suo capolavoro assoluto, alla cui sceneggiatura partecipa l'autore stesso del romanzo originale, Vladimir Nabokov. Aggirata la censura con una drastica riduzione dei momenti più pruriginosi del racconto - il film non potrebbe essere più avulso di così da qualsiasi tentazione di erotismo - dal primo lungometraggio inglese di Kubrick (due ore e mezza di durata) esce il ritratto cinico di un'America puritana e guardona, ossessionata dalle apparenze eppure sempre sul crinale della trasgressione. Al romanzo dello scrittore russo, Kubrick regala un umorismo cinico, una deformazione grottesca sostenuta soprattutto dalla interpretazione memorabile e istrionica di Peter Sellers, incardinata in un' impeccabile struttura narrativa da commedia nera, capace di resistere perfettamente alle insidie del tempo e costruita, dopo un breve prologo, su un lungo flashback che lascia spazio a momenti di grandissima tensione alternate con brusche virate splastick.
Per Sue Lyon, tredicenne al momento delle riprese, la carriera nella settima arte si fermò sostanzialmente qui.
Nel 1997 Adrian Lyne girò un'altra versione di Lolita, interpretata da Jeremy Irons, così poco riuscita da non poter essere neppure comparabile con quella di Kubrick.

martedì 14 giugno 2016

In nome di mia figlia (Au nom de ma fille)

anno: 2016       
regia: GARENQ, VINCENT   
genere: drammatico   
con Daniel Auteuil, Sebastian Koch, Marie-Josée Croze, Christelle Cornil, Lilas-Rose Gilberti, Emma Besson, Christian Kmiotek, Serge Feuillard, Fred Personne    
location: Austria, Francia, Germania, Marocco
voto: 7,5   

Una tredicenne (Besson) viene stuprata e uccisa dal compagno della madre (Koch). Suo padre (Auteuil), un brillante avvocato francese, cerca per trent'anni di attenersi alle vie legali per rendere giustizia alla figlia, vittima di quello che, si viene a scoprire, è uno stupratore seriale, un ammanicatissimo medico tedesco difeso a oltranza dalle istituzioni del suo Paese. Tra mandati di cattura internazionali, folli spese di avvocatura, volantinaggi e dichiarazioni rilasciate alla stampa, il padre della vittima continuerà la sua personale battaglia a un prezzo altissimo.
Tratto da una storia vera, tristemente nota in Francia, che si è dipanata tra il 1974 e il 2009, il film trova nel personaggio del padre la figura eroica che fa da perno all'intero racconto. Eppure la protagonista più interessante è la madre della ragazza uccisa (Croze): donna talmente plagiata dal suo compagno da disconoscere l'evidenza dei referti medici sull'autopsia, da chiudere entrambi gli occhi davanti alle testimonianze di altre ragazze stuprate e da arrivare a dare del pazzo paranoico all'ex marito. Al di là dei motivi d'interesse veicolati dal film sul piano dei contenuti, su quello della forma l'impianto dell'opera è sobrio, costruito su flashback e variazione delle location, servito da attori all'altezza della situazione, per i quali sarebbe stato necessario un impegno maggiore in fase di trucco.    

sabato 11 giugno 2016

The Nice Guys

anno: 2016       
regia: BLACK, SHANE
genere: commedia gialla
con Russell Crowe, Ryan Gosling, Angourie Rice, Matt Bomer, Margaret Qualley, Kim Basinger, Yaya DaCosta, Keith David, Beau Knapp, Ty Simpkins, Yvonne Zima, Rachele Brooke Smith, Lexi Johnson, Jack Kilmer, Maddie Compton, Adriana Karras, Murielle Telio, Gary Weeks, Matthew William Jones, Joanne Spracklen, Christian Noble, Gary Wolf, Milo Wesley    
location: Usa
voto: 7

C'è una cosa da sapere su Shane Black, regista di The nice guys, qui alla sua terza prova dietro la macchina da presa dopo Kiss kiss bang bang e Iron man 3: quando fu sommerso da un mare di soldi per avere scritto le sceneggiature di Arma letale, Black si ritirò dal cinema per quasi due decenni. Un po' per l'invidia dei colleghi, un po' per un insolito caso di coscienza morale, di difficilissimo reperimento dalle parti di Hollywood.
In questa occasione ritroviamo il suo cinema dai filamenti tarantiniani con struttura da buddy movie come nei quattro episodi da lui firmati che ebbero Mel Gibson e Danny Glover come protagonisti. Qui la strana coppia, una via di mezzo tra una versione postmoderna di Stanlio e Ollio e Starsky & Hutch, si trova a Los Angeles, nel 1977. L'investigatore privato Holland March (Gosling) e il detective Jackson Hely (Crowe) stanno cercando una ragazza che si chiama Amelia. La sua scomparsa sembra legata alla tragica morte di una diva del porno. Insieme alla figlia ficcanaso di Holland, i due scopriranno che l'intricatissimo caso è connesso con il doppio tentativo di fermare l'avanzata del porno e di promuovere la vendita di automobili in barba a qualsiasi criterio di attenzione per l'ambiente.
Raccontata così, la trama sembra quasi comprensibile, mentre invece è l'aspetto più fragile e pretestuoso di un film scritto benissimo, con dialoghi spumeggianti, battute a raffica e tentazioni splatter. Una detective story a metà strada tra Boogie nights e Vizio di forma in chiave slapstick, con un registro grottesco che non dispiacerebbe ai fratelli Coen.    

Milionari

anno: 2014   
regia: PIVA, ALESSANDRO
genere: gangster
con Francesco Scianna, Valentina Lodovini, Carmine Recano, Francesco di Leva, Salvatore Striano, Gianfranco Gallo, Antonio Zavatteri    
location: Italia
voto: 5,5

Trent'anni di carriera malavitosa - tra gli '80 e il primo decennio del nuovo millennio - di Marcello Cavani detto AlènDelòn (Scianna), padre affettuoso, marito innamorato, affiliato alla camorra più per la vocazione a fare la bella vita che per convinzione. Tra eccidi, vendette, entrate e uscite dal carcere, la sua esistenza si consumerà nel tentativo di affrancarsi dal clan di Secondigliano al quale appartiene.
Al suo quarto film, il salernitano Alessandro Piva - che ci aveva regalato gioielli come LaCapagira ed Henry - firma la sua opera meno riuscita. Siamo di fronte a una versione abborracciata di Gomorra con tentazioni scorsesiane e coppoliane, nella quale scenografie d'epoca e attori convincono, ma la trama non è mai avvincente, le scene d'azione sembrano inserite come riempitivo e la coprotagonista Valentina Lodovini, che si presta anche a una scena di sesso, è puramente decorativa. Forse per queste ragioni gli esercenti hanno tardato a portarlo in sala - dove è rimasto pochissimo - dopo che il film si era affacciato al festival del cinema di Roma.    

venerdì 10 giugno 2016

The double - Doppia identità

anno: 2011       
regia: BRANDT, MICHAEL  
genere: thriller  
con Richard Gere, Topher Grace, Martin Sheen, Tamer Hassan, Stephen Moyer, Chris Marquette, Odette Annable, Stana Katic, Yuri Sardarov, Ivan Fedorov, Ed Kelly, Jeffrey Pierce, Lawrence Gilliard Jr., Mike Kraft, Andy Manning, Randy Flagler, Ella Maltby, Dan Lemieux, Maxfield Lund, Jimmy Ortega, Darcy Leutzinger, Ele Bardha, Nina Kircher, Devin Scillian, Jimmy Rhoades, Hugh Maguire, Jamie Ridge, Sonja Crosby, Nicole Forester, David Shackelford, Isaac Ellis, Matt McColm, Frank Fileti    
location: Usa
voto: 5,5  

Chi è Cassio? Se lo domanda da tempo un giovane agente dell'FBI (Topher Grace), a maggior ragione dopo che un senatore è stato assassinato con il metodo tipico di Cassio: il taglio della gola. Per dare la caccia al fantomatico uomo, viene scomodato un ex agente (Gere) che gli è stato con il fiato sul collo per anni che però è convinto che Cassio sia morto.
Un po' spy-story, un po' thriller con precocissimo smascheramento della vera identità di Cassio ma giocato fino alla fine sul tema del doppio, il film dell'esordiente Michael Brandt (già sceneggiatore, tra gli altri, di Quel treno per Yuma) è girato con molto mestiere e sfrutta in maniera convincente l'assunto della doppia identità del titolo, con sorpresa in sottofinale e una sottotrama che non ti aspetti sul tema della vendetta. Azione, scazzottate e inseguimenti rispettano il canovaccio del cinema di genere senza troppe pretese. Sullo sfondo, lo spettro di una nuova Guerra Fredda.    

giovedì 9 giugno 2016

Now You See Me 2 - I maghi del crimine

anno: 2016       
regia: CHU, JON M.  
genere: thriller  
con Jesse Eisenberg, Mark Ruffalo, Woody Harrelson, Lizzy Caplan, Dave Franco, Morgan Freeman, Daniel Radcliffe, Jay Chou, Michael Caine, Sanaa Lathan, Tsai Chin, David Warshofsky, Henry Lloyd Hughes, Justine Wachsberger, Richard Laing, Martin Delaney, Brick Patrick, Zach Gregory, Jem Wilner, Ben Lamb, Michael Cooke    
location: Cina, Regno Unito, Usa
voto: 4,5  

Al suo secondo capitolo, la vicenda dei quattro maghi cavalieri tratti dalla fantasia di Boaz Yakin ed Edward Ricourt fa registrare un doppio avvicendamento: quello della protagonista femminile (esce Mélanie Laurent ed entra Lizzy Caplan) e quello in cabina di regia, con Jon M. Chu al posto di Louis Leterrier. In più, colloca nel ruolo del cattivissimo l'ex maghetto per antonomasia, quel Daniel Radcliffe già interprete di tanti Harry Potter. Il ragazzo, figliastro del magnate interpretato da Michael Caine, è convinto della superiorità della scienza sulla magia e vuole mettere le mani su un microchip capace di violare qualsiasi computer del pianeta. Per questo rapisce i quattro costringendo l'agente dell'FBI che li appoggia (Ruffalo) a cercarli fino a Macao.
Se l'episodio precedente funzionava anche per il doppio livello di lettura possibile (la dialettica tra apparenza e realtà ma anche la vendetta), questo sembra preoccuparsi unicamente di disseminare effetti speciali e colpi di scena a ripetizione, scordandosi di raccordarli in fase di sceneggiatura. Ne esce un film totalmente rapsodico, con una trama a groviera pretestuosa infarcita da passaggi inspiegabili e montaggio nevrastenico che dopo due ore stancherebbero anche il più fanatico ammiratore di fuochi d'artificio ed effetti speciali, curati dal notissimo mago David Copperfield.    

venerdì 3 giugno 2016

The 33 (Los 33)

anno: 2015       
regia: RIGGEN, PATRICIA
genere: dramma catastrofico
con Antonio Banderas, Juliette Binoche, Lou Diamond Phillips, Rodrigo Santoro, Gabriel Byrne, James Brolin, Tenoch Huerta, Jorge Diaz, Marco Treviño, Fernanda Ramírez, Angela Reyes, Trinidad González, Adriana Barraza, Alejandro Goic, Jacob Vargas, Oscar Nuñez, Juan Pablo Raba, Naomi Scott, Bob Gunton, Cote de Pablo, Kate del Castillo, Mario Casas, Tim Wilcox, Leonardo Farkas, Anderson Cooper, Mario Kreutzberger    
location: Cile
voto: 3,5

Nel 2010 33 minatori cileni rimasero intrappolati a più di 700 metri di profondità a seguito del crollo di una parete della montagna nella quale stavano lavorando per cercare oro e rame. A dispetto delle pressanti richieste dell'opinione pubblica e dei parenti, dapprima il governo - sulla scorta di precedenti evidenze statistiche (il prologo ci informa che ogni anno nel mondo muoiono in media 12000 minatori) - pensò che il loro destino fosse segnato. Ma il pervicace Ministro delle miniere fece arrivare esperti dal Canada e dagli Stati Uniti e i 33, dopo ben 69 giorni di resistenza, tornarono a vedere finalmente la luce del sole.
Disaster movie talmente appiccicaticcio e obsoleto che gli esercenti hanno deciso di non distribuirlo neppure nelle sale ma di passarlo direttamente in dvd, nonostante un cast di primo piano (Antonio Banderas, Juliette Binoche, Gabriel Byrne, James Brolin) con prestazioni sotto il livello di guardia e fisionomie lontanissime da quelle cilene. La struttura è infatti la solita: prologo che passa in rassegna i protagonisti e le loro più o meno felici vite private; catastrofe; inevitabili dissapori nella situazione estrema in cui i sopravvissuti sono costretti a vivere; happy end. Ce ne sarebbe abbastanza per aggiornare la Morfologia della fiaba di Propp, se non fosse che alla banalità del racconto e alla pochezza della messa in scena si aggiungono tutti i cliché di contorno: gli speculatori, gli affetti ritrovati, l'uso propagandistico della vicenda e persino la musica andina con tanto di flauto di pan. Come avevano già dimostrato San Adreas, Into the storm, Everest, Poseidon e World Trade Center, sembra che da una decina d'anni a questa parte il genere catastrofico sia veramente arrivato alla canna del gas.    

mercoledì 1 giugno 2016

S Is for Stanley - Trent'anni dietro al volante per Stanley Kubrick

anno: 2015       
regia: INFASCELLI, ALEX 
genere: documentario 
con Emilio D'Alessandro, Janette Woolmore, Alex Infascelli 
location: Italia, Regno Unito
voto: 5 

Contadino, poi tuttofare, infine pilota di automobili nella categoria Ford, in un terribile giorno di neve Emilio D'Alessandro, ingaggiato da una compagnia privata di taxi londinese, deve recapitare la scultura di un fallo gigante a casa di un regista folle e visionario. "Piacere, Stanley Kubrick". E lui: "Piacere, Emilio D'Alessandro". Ignaro della statura del personaggio che aveva davanti, D'Alessandro da quel giorno divenne l'autista personale di Kubrick e poi suo tuttofare per trent'anni, fino alla morte del regista, avvenuta poco prima che D'Alessandro decidesse di tornare a Cassino.
Il figlio d'arte Alex Infascelli torna dietro la macchina da presa a quasi 10 anni dal precedente H2odio e dopo thriller meno che mediocri come Almost blue e Il siero delle vanità con un film sull'amicizia tra due persone che non avrebbero potuto essere più diverse. Nel riscrivere in maniera inedita la dialettica tra servo e padrone, il documentario pende nettamente dalla parte del secondo mentre sul primo, al quale siamo decisamente più interessati, aggiunge poco, peraltro senza potersi servire di un solo fotogramma delle sue opere: l'ossessione per le regole, i "pizzini" lasciati continuamente con grandissimo garbo al suo tuttofare e contenenti gli ordini più diversi, l'amore per cani e gatti e la difesa indomita della propria vita privata. Opera a budget evidentemente ridottissimo, S is for Stanley si fa più accattivante quando, attraverso cimeli e memorabilia, ci mostra scorci di vita del grandissimo regista, ma è implacabilmente piatto e noioso nel racconto, quasi tutto in lingua inglese, offerto dal protagonista e dalla sua consorte. Nonostante ciò, Infascelli si è guadagnato il Davide di Donatello per il miglior documentario.