domenica 26 marzo 2017

Il grande match

anno: 2007       
regia: OLIVARES, GERARDO   
genere: grottesco   
con Ahmed Alansar, Mahamadou Alzouma, Abu Aldanish, Kenshleg Alen Khan, Wirapitang Kaapor, Kinchiran Kaapor, Mohamed Telit, Attibou Aboubacar, Essentai Samer Khan, Khoshibai Adil Khan, Chay Kaapor, Pirihaa Kaapor    
location: Brasile, Mongolia, Niger
voto: 3   

La facilità d'accesso alla televisione, per assistere a quelle che Dayan e Katz definirono "le grandi cerimonie dei media", non è da tutti. Capita così che per vedere la finale dei campionati del mondo tra Brasile e Germania del 2002 in diretta da Yokohama, in Giappone, un gruppo di cacciatori mongoli, alcuni indios amazzonici e dei tuareg del Niger debbano percorrere chilometri e superare ostacoli di ogni genere pur di giungere all'obiettivo. Il grande match è il resoconto, in una chiave che sta tra il grottesco e il folcloristico, di queste avventure, condito da dialoghi imbarazzanti, scenette da slapstick anni '20 e un occhio di riguardo per le riprese naturalistiche da National Geographic.    

giovedì 23 marzo 2017

Elle

anno: 2016       
regia: VERHOEVEN, PAUL
genere: giallo
con Isabelle Huppert, Virginie Efira, Christian Berkel, Alice Isaaz, Anne Consigny, Laurent Lafitte, Jonas Bloquet, Vimala Pons    
location: Francia
voto: 5

A dieci anni da Black book - uno dei suoi lavori migliori - l'olandese Paul Verheoeven ritorna sui grandi schermi con un film programmaticamente estremo, che assembla l'erotismo patinato di Basic instinct con la cifra del personaggio più ricorrente nella cinematografia di un'attrice inspiegabilmente considerata l'icona del cinema francese contemporaneo, se non europeo, Isabelle Huppert: quella del personaggio bordeline, dagli istinti pruriginosi, seduttrice incallita (mai physique du role fu più malriposto: la vera sensualità sta altrove…). Parliamo di personaggi interpretati a iosa dalla quasi sessantenne attrice transalpina, in film come La storia vera della signora delle camelie, La finestra della camera da letto, Un affare di donne, Madame Bovary, Amateur, Il buio nella mente, Grazie per la cioccolata, La pianista, Proprietà privata, Home e Amour.
A questo giro la Huppert è una ricca donna dall'oscuro passato alle spalle (suo padre è in carcere per una carneficina nella quale non si sa quale ruolo ebbe la donna, all'epoca ragazzina) che viene aggredita e stuprata nella sua lussuosa abitazione da uno sconosciuto. Senza scomporsi più di tanto, la vita della donna riprende tra il rapporto ondivago con l'ex marito, quello tempestoso con un figlio mentecatto imbrigliato in una relazione sentimentale assurda, un amante, un vicino di casa che emana testosterone e il lavoro di direttrice artistica in un'azienda che produce videogames a luci rosse. Apparentemente complesso e stratificato, il film di Verhoeven - tratto dal romanzo Oh... di Philippe Djian - è una mezza accozzaglia di situazioni piccanti nelle quali tutti scopano con tutti, con accenti talmente estremi da consegnare Elle a uno spazio liminare tra assurdo e grottesco.    

sabato 18 marzo 2017

Storie di ordinaria follia

anno: 1981       
regia: FERRERI, MARCO   
genere: drammatico   
con Ben Gazzara, Ornella Muti, Susan Tyrrell, Tanya Lopert, Judith Drake, Katia Berger, Lewis E. Ciannelli, Roy Brocksmith    
location: Usa

coto: 5   

Il ritmo lento, quasi svogliato, come il caracollare di Charles Serking, poeta e declamatore, per le città degli Stati Uniti, tra happening culturali, reading, kermesse alternative, perennemente destinate a finire con una bottiglia di alcol o una lattina di birra. È questa la cifra stilistica più evidente del film che Marco Ferreri ha estratto da 4 dei 42 racconti dall'omonimo romanzo autobiografico di Charles Bukowski, poeta e scrittore maudit, che nel film vediamo vivere a ricasco della ex moglie, sottaniere incallito con un debole per l'eccesso di carne come per una ragazza (Muti) di cui soltanto in sottofinale scopriremo la vera identità.
Visto a distanza di tanti anni, il film - Davide di Donatello per la migliore regia nonché nastro d'argento a Taormina - sembra essere divorato dall'usura del tempo. In esso, Ben Gazzara, affiancato da una Ornella Muti più imbalsamata del solito, interpreta con sguardo allucinato un personaggio controverso, estremo, costantemente alla ricerca dell'eccesso, tutto Bacco, tabacco e Venere, in un contesto straniante sottolineato da riprese in campo lunghissimo e da brusche svolte grottesche e che, dalla pagina letteraria, sembra smarrire una delle sue caratteristiche maggiori: l'umorismo.

lunedì 13 marzo 2017

Animali notturni (Nocturnal Animals)

anno: 2016   
regia: FORD, TOM  
genere: thriller  
con Amy Adams, Jake Gyllenhaal, Michael Shannon, Aaron Taylor-Johnson, Isla Fisher, Karl Glusman, Armie Hammer, Laura Linney, Andrea Riseborough, Michael Sheen, Ellie Bamber, Rob Aramayo, India Menuez (India Salvor Menuez), Imogen Waterhouse, Zawe Ashton, Graham Beckel, Neil Jackson, Jena Malone, Kristin Bauer van Straten (Kristin Bauer), Franco Vega, Sydney Schafer, Evan Bittencourt, Lee Benton, Janet Song    
location: Usa
voto: 8  

Corpi sfatti, opulenti, attempate majorettes over-size che tracimano adipe sotto uno scroscio di glitter, che lasciano fluttuare la loro steatopigia sotto la forza insopprimibile della gravità: è questo l'incipit dell'opera seconda di Tom Ford, già stilista per Gucci, che mette metaforicamente in scena con una prima, potentissima sequenza, la decadenza di un'epoca che diventa rappresentazione artistica nell'idea della protagonista Susan (Adams), gallerista con marito fedifrago. A lei arriva, inaspettato, il copione del primo romanzo di quel primo marito (Gyllenhaal) che lei lasciò, prima ancora che questo riuscisse ad affermarsi come scrittore. Il romanzo, Animali notturni, parla di tra balordi che, di notte e in una strada deserta, fermano un uomo mite impersonato proprio dallo scrittore, sua moglie, la stessa Susan, e la loro figlia adolescente, per poi uccidere le due donne.
Tratto dal romanzo pubblicato nel 1993 da Austin Wright, Animali notturni è un deciso passo in avanti rispetto all'estetismo oleografico di A single man. Il tema della vendetta (declinato secondo la dimensione affettiva, fisica e legale) è portato sul grande schermo con un racconto stratificato che riecheggia moltissimo i migliori lavori di Lynch (pur tenendo un occhio puntato su Hitchcock) e nel quale l'impianto formale denota, ancora una volta, raffinatezza, tentazioni glamour, ma anche grande perfezionismo e piena padronanza tecnica, tanto in fase di ripresa che di montaggio. Aiutato da un cast di grido nel quale l'entrata in scena di Michael Shannon sovrasta tutti gli altri, questo notevolissimo thriller psicologico, un racconto nel racconto, non attenua mai la tensione, pur lasciando sospeso qualche rivolo narrativo e inserendo elementi programmaticamente mirati a spiazzare lo spettatore.    

domenica 12 marzo 2017

Lo Stato contro Fritz Bauer (Der Staat gegen Fritz Bauer)

anno: 2015   
regia: KRAUME, LARS
genere: storico
con Burghart Klaussner, Ronald Zehrfeld, Sebastian Blomberg, Jörg Schüttauf, Lilith Stangenberg, Laura Tonke, Michael Schenk, Cornelia Gröschel, Robert Atzorn, Stefan Gebelhoff, Dani Levy, Paulus Manker, Götz Schubert, Gabriele Schulze, Pierre Shrady, Matthias Weidenhöfer, Nikolai Will, Rüdiger Klink, Fritz Bauer, Konrad Adenauer, David Ben-Gurion    
location: Argentina, Germania, Israele
voto: 8

Fritz Bauer (Klaussner), ebreo dalle tendenze omosessuali latenti, è un procuratore generale tedesco che sta indagando sugli ex-nazisti che hanno trovato riparo all'estero dopo la seconda Guerra Mondiale. Sa che Adolf Heichmann (Schenk), il responsabile delle deportazioni di 6 milioni di ebrei nei lager, si trova sotto falsa identità in Argentina. Pur di catturarlo - e trovando infiorite resistenze nel suo stesso ufficio dove in molti gli remano contro per via di loschi interessi personali e per una imperitura connivenza tra politica ed ex nazisti - è disposto a prendere accordi sottobanco con il Mossad, trovando dalla sua parte solo il giovane procuratore Angermann (Zehrfeld).
Affidato alla ricchissima espressività di Burghart Klaussner, che come interprete si è dimostrato uno specialista del genere a carattere storico (Il nastro bianco, Treno di notte per Lisbona, Diplomacy, Il ponte delle spie), Lo stato contro Fritz Bauer ricostruisce la difficile vicenda personale di questo cacciatore di nazisti fuori dagli schemi, figura dimessa eppure gigantesca, uomo determinatissimo e tutto d'un pezzo, con uno stile classico e una regia un po' inamidata ma assai efficace nel restituirci un importantissimo pezzo della storia del Novecento.    

venerdì 10 marzo 2017

The Captive - Scomparsa (Captives)

anno: 2014   
regia: EGOYAN, ATOM
genere: thriller
con Ryan Reynolds, Rosario Dawson, Mireille Enos, Scott Speedman, Kevin Durand, Alexia Fast, Peyton Kennedy, Bruce Greenwood, Brendan Gall, Aaron Poole, Jason Blicker, Aidan Shipley, Ian Matthews, Christine Horne, William MacDonald, Ella Ballentine, Samantha Michelle, Wayne Johnson    
location: Canada
voto: 6,5

Tra le nevi del Canada, una bambina di 10 anni sparisce, rapita nei pochi minuti durante i quali il suo papà (Reynolds) è sceso dall'auto per comprarle un dolce. L'uomo non si dà per vinto, la sezione investigativa affidata a Nicole Dunlop (Dawson) e al suo socio Jeffrey Cornwall (Speedman) sembra non credergli e anzi peggiora le cose e anche la moglie (Enos) gli rema contro. Lui, con eccezionale pertinacia, continua a credere di poter ritrovare la figlia, presumibilmente finita in una rete di pedofili.
Uno dei lavori più riusciti nella mediocre filmografia dell'egiziano Atom Egoyan  (Il dolce domani, Il viaggio di Felicia, False verità, Chloe, Devil's Knot) si dipana su un andirivieni di flashback e flashforward che, pur scompaginando inutilmente il tessuto narrativo, riesce comunque a tenere alta la tensione. Peccato che il ruolo di protagonista non sia stato affidato a qualcuno con lo sguardo che buca, bensì a quello stoccafisso di Ryan Reynolds, attore specializzato in film di serie Z e già pessimo in Buried.    

mercoledì 8 marzo 2017

Il cliente (Forushande)

anno: 2016       
regia: FARHADI, ASGHAR 
genere: giallo 
con Shahab Hosseini, Taraneh Alidoosti, Babak Karimi, Farid Sajjadihosseini, Mina Sadati, Maral Bani Adam, Mehdi Kooshki, Emad Emami, Shirin Aghakashi, Mojtaba Pirzadeh, Sahra Asadollahe, Sam Valipour, Ehteram Boroumand    
location: Francia, Iran
voto: 9 

Mai (o quasi) premio Oscar fu più strameritato: al suo sesto film (il quarto che arriva in Italia), il regista iraniano Asghar Farhadi confeziona una sceneggiatura impeccabile (altro premio, quello preso a Cannes) in una chiave da melodramma a tinte gialle. Siamo a Teheran. Emad (Hosseini) e Rana (Alidoosti) sono una coppia affiatata. Lui si divide tra l'insegnamento e il palcoscenico, dove, insieme a sua moglie, sta provando la Morte di un commesso viaggiatore di Miller. La casa dove abitano rischia il crollo e loro trovano posto nell'abitazione di un anziano compagno di teatro (Karimi). Il fattaccio arriva quando Rana, lasciata incautamente la porta di casa aperta in attesa del ritorno di Emad, viene aggredita da uno sconosciuto, capitato lì nella convinzione di poter trovare nell'appartamento  la precedente inquilina, una prostituta. Emad ritrova un furgoncino e oggetti lasciati dall'aggressore e si mette alla sua ricerca.
Farhadi recupera le tematiche dei suoi film precedenti, quella del rischio separazione per divergenze etiche (Una separazione) e quella della ricerca ossessiva della verità (Il passato), riproponendole in una chiave narrativa a orologeria degna del miglior Hitchcock. Ad accompagnare lo straordinario climax narrativo in salsa minimalista c'è il continuo gioco di rimandi tra ribalta (quella teatrale) e retroscena (quella della vita privata), nel quale l'una prende il posto dell'altra, e viceversa. In più, il plot si dipana su una serie di bivi - con altrettanti colpi di scena - che obbligano il protagonista (anche lui premiato a Cannes per la sua strepitosa interpretazione) e sua moglie ad altrettante scelte con inevitabili ricadute sulla loro vicenda umana. Un imperdibile apologo laico sul tema del perdono.    

lunedì 6 marzo 2017

Il figlio di Saul (Saul fia)

anno: 2015       
regia: NEMES, LASZLO   
genere: drammatico   
con Géza Röhrig, Levente Molnár, Urs Rechn, Todd Charmont, Marcin Czarnik, Sándor Zsótér, Jerzy Walczak, Uwe Lauer, Christian Harting, Kamil Dobrowolski, Amitai Kedar, István Pion, Levente Orbán, Juli Jakab    
location: Polonia
voto: 5   

L'olocausto come non lo avete mai visto: da dietro le spalle, segnate da una vistosissima X rossa, di Saul (interpretato dal poeta ungherese Géza Röhrig), kapò nel 1944 all'interno del lager di Auschwitz, al servizio dei nazisti, tra berci continui e indistinguibili, corpi nudi trattati come fossero carne da macello, urla agghiaccianti di chi viene rinchiuso nelle camere a gas e tenta miseramente di far sentire la propria disperazione. In mezzo a questo mattatoio, Saul, con un'unica, attonita espressione,  ha un solo scopo: trovare un rabbino che possa dare sepoltura a suo figlio, onorandolo secondo la liturgia ebraica.
Laszlo Nemes, di cui Il figlio di Saul è il primo film ad arrivare nel nostro paese, racconta il dramma della Shoah dal punto di vista degli ebrei ungheresi, proponendo allo spettatore una visione quasi tutta "di nuca" (quella del protagonista), una variante dell'estetica del POV che trasforma la mostruosità del campo di sterminio in pornografia iperrealista, con lunghissimi pianisequenza e un'attenzione totale al piano stilistico (con formato 1:37), col risultato di far sembrare il film uno sterile esercizio di stile in chiave sperimentale, fine a sé stesso, rispetto a uno spunto - quello della pervicacia con cui il protagonista sta tanto alle regole del gioco del Sonderkommando, quanto a quelle della sua religione - che è l'unico rivolo narrativo di un'opera che punta tutto sulla stimolazione dell'immaginazione dello spettatore e nella quale, quasi per paradosso, i suoni finiscono per contare assai più delle immagini. Ciao.

mercoledì 1 marzo 2017

I Don't Feel at Home in This World Anymore

anno: 2017       
regia: BLAIR, MACON   
genere: grottesco   
con Melanie Lynskey, Elijah Wood, David Yow, Jane Levy, Devon Graye, Christine Woods, Robert Longstreet, Gary Anthony Williams    
location: Usa
voto: 5  

Ruth (Lynskey) è una tranquilla e paciosa infermiera che vive nella provincia americana. Il giorno in cui le svaligiano casa, posta davanti alla refrattarietà della Polizia a occuparsi del caso, decide di andarsi a cercare il computer portatile che le hanno rubato facendosi accompagnare da un suo strambo vicino (Wood). I due si troveranno di fronte e una fauna umana bislacca e violenta, tra ricettatori, ladri e rapinatori, consumando quasi involontariamente la loro vendetta gentile.
Uno dei tanti prodotti Netflix che vengono proposti come alternative al cinema in sala, questa commedia nera di Macon Blair - che strizza l'occhio ai fratelli Coen - non è altro che un dramma grottesco con derive splatter, dialoghi inascoltabili, recitazione sotto il livello di guardia ed effetti speciali risibili. Prodotto paratelevisivo per prodotto televisivo, uno lo guarda giusto per ammazzare il tempo, in attesa di lasciarsi catturare l'attenzione dalla seconda serie di Gomorra, che sta lì che aspetta da mesi…