lunedì 8 maggio 2017

Sole cuore amore

anno: 2016       
regia: VICARI, DANIELE
genere: drammatico
con Isabella Ragonese, Eva Grieco, Francesco Montanari, Francesco Acquaroli, Giulia Anchisi, Chiara Scalise, Giordano De Plano, Paola Tiziana Cruciani, Noemi Abbrescia, Marzio Romano Falcione, Ines Tocco    
location: Italia
voto: 3

Verrebbe quasi da buttargli le braccia al collo, a Daniele Vicari, per l'impegno che ci mette, per i temi che tocca (il degrado delle periferie di Velocità massima, il tentativo di rigenerazione esistenziale de L'orizzonte degli eventi, il vizio del gioco di Il passato è una terra straniera, le torture del G8 di Genova di Diaz, più alcuni documentari come Il mio paese e La nave dolce). Il problema è che a questo nipotino di Ken Loach sembra proprio mancare il talento, il dono del racconto, la scrittura dei dialoghi.
Anche questo Sole cuore amore - titolo buttato lì a caso, ennesimo trasferimento al cinema di una canzone immonda, Tre parole della meteora Valeria Rossi - si colloca sul solco dei precedenti: tema di grande impegno civile (quello delle nuove forme di schiavitù sul lavoro e dell'impossibilità di realizzarsi con esso) raccontato con una scelta stilistica stramba: due film al prezzo di uno. Già, perché Sole cuore amore da un lato segue la vicenda umana di Eli (Ragonese), giovane madre di quattro figli (gulp!) e moglie di uno sfaccendato (Montanari), che abita ben lontana dal Grande Raccordo Anulare e sbarca il lunario per 800 euro mensili fuori busta facendo la banchista in un bar di Roma: il padrone (Acquaroli) la vessa, lei non sta bene in salute, ma la donna riesce comunque ad avere il sorriso stampato sulle labbra h24. Praticamente, un film di fantascienza, sebbene ispirato alla terribile storia vera di Isabella Viola, trovata morta, sfiancata dal lavoro, alla stazione Termini di Roma nel 2012. Parallelamente, seguiamo la vicenda di Vale (Grieco), che vive nello stesso stabile desolante di Eli, si arrangia facendo la ballerina (la "performer", dice lei…), ha un pessimo rapporto con la madre bacchettona (Cruciani) e qualche irrisolta tendenza saffica.
Le due parti del film dialogano approssimativamente, hanno contatti caduchi ma, soprattutto, sono scritte sciattamente: i dialoghi sono ben sotto il livello di guardia, la narrazione ripete costantemente lo stesso modulo e la recitazione di molti personaggi secondari non aiuta, così come non aiuta il romanesco posticcio di Isabella Ragonese, che sembra involontariamente ricordare il Massimo Boldi che stilettava con accento lombardo: "ma i mortaci tui". Prego, ripresentarsi a settembre.    

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