lunedì 15 maggio 2017

The Dinner

anno: 2017       
regia: MOVERMAN, OREN
genere: drammatico
con Richard Gere, Steve Coogan, Laura Linney, Rebecca Hall, Charlie Plummer, Seamus Davey-Fitzpatrick, Chloë Sevigny, Adepero Oduye
location: Usa
voto: 1,5

Dopo Gli invisibili, Richard Gere e Oren Moverman - attore e regista di questo inguardabile The dinner - fanno ancora coppia per un film che si sviluppa intorno ai senzatetto. Si tratta della trasposizione - la terza dopo Het Diner di Menno Meyjes e il magnifico I nostri ragazzi di Ivano De Matteo - del best seller dell'olandese Herman Koch, La cena, lo scrittore che  - riferiscono le cronache - ha abbandonato schifato la sala in occasione della prima alla Berlinale. Non è la prima volta che gli americani riescono a rendere indecorosa un'opera che, nella sua prima versione cinematografica, si è rivelata eccellente: è accaduto con Big (remake di Da grande), Se perdi muori (oscena rivisitazione di 13 tzameti, trasferta a stelle e strisce dello stesso regista Gela Babluani), Scent of a woman (passabile rifacimento dell'inarrivabile Profumo di donna), Piume di struzzo (rilettura de Il vizietto),  Psycho (sbiadita versione dell'originale capolavoro hitchcockiano) e Welcome to Collinwood (oscena rilettura de I soliti ignoti). The dinner è pari soltanto a quest'ultimo. Un film asfittico, lentissimo, pasticciato, ampolloso, che, della traccia letteraria originale, conserva soltanto la scansione della cena per portate, aggiungendovi una sottotrama ridicola dove il conflitto tra due fratelli è la sineddoche della guerra di secessione americana, il segno di un ineliminabile peccato originale. L'impianto narrativo è, appunto, la cena in un ristorante esclusivissimo dove due fratelli - un senatore (Gere, imbalsamato come al solito) e un insegnante di liceo con conclamati problemi psichiatrici (Coogan) - si incontrano, insieme alle rispettive mogli, per discutere sul da farsi in merito alla bravata che i loro figli hanno compiuto ai danni di una clochard, vicenda finita in tragedia. Dallo svolgimento narrativo ai deliri semionirici, passando per i siparietti grotteschi con la presentazione delle vivande, la fastidiosa voce over, la recitazione abominevole dell'intero cast (quella di Steve Coogan, già pessimo in Philomena, è irricevibile) e la mutria del piccolo viziatello piromane al quale vorresti riempire la faccia di schiaffi nemmeno si fosse fatto un sovrasosaggio di cortisone, nel film non c'è un solo elemento che funzioni e il finale, che sembra un improvviso strappo di pellicola, non è che la beffa conclusiva allo spettatore.    

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